mercoledì 29 giugno 2011

Cosa ho imparato a fare - 2

Per la rubrica "Cosa ho imparato a fare", ecco la mia nuova borsetta.

Sono molto contenta: ci ho messo un po', ma mi piace molto.
Ecco un particolare dell'interno, con la sua taschina:


Insomma, una cosa carina da portare anche con delle scarpe eleganti, come ci mostra Fagiolina:


Il modello della borsa l'ho preso da qui.

domenica 26 giugno 2011

Oggi mi domando

Ennesimo week-end in guardia medica. Questa volta la doppietta sabato-giorno (10 ore) + domenica-giorno (12 ore) segue una settimana di ambulatorio mattutino (4 ore al giorno) condita da un meraviglioso turno notturno (12 ore).
Non devo lamentarmi, e non lo faccio. Avere tanto da lavorare è una benedizione, di questi tempi. E non sono nemmeno pagata male. Ho scoperto, con orrore, di guadagnare più della maggior parte di amici e parenti, che si fanno un mazzo tanto da dieci anni. La contentezza per la mia prima busta paga è condita anche da un amaro senso di colpa, nei confronti di tutto il mondo dei precari (come me) italiani, che tirano avanti (se va bene) con 500 euro al mese.
Perchè, in effetti, il mio non è un lavoro veramente faticoso. Faccio le notti, ma alla fine non sto sveglia tutta la notte: le chiamate sono poche. Lavoro nel weekend, quando gli amici se ne vanno al mare, ma durante la settimana sono spesso libera di stare a casa. Certo, le responsabilità sono tante. Se faccio qualche cazzata la gente sta male. Se faccio qualche C.G. (Cazzata Grossa) la gente rischia di morire, però non è che passo tutto il tempo a salvare vite umane. Il più delle volte si tratta di prescrivere farmaci, misurare pressioni e curare mal di gola.
I soldi che guadagno non penso di rubarli. Ma come me, in questo Paese allo sfascio, quanta gente c'è che i soldi se li merita, epperò viene derubata dai datori di lavoro?
C'è chi comincia a lavorare a vent'anni, e ci mette 16 anni per avere uno stipendio decente.
Io a vent'anni studiavo. Anche a 30. E anche a 35. Ho firmato il mio primo contratto a 36 anni. E lo stipendio decente l'ho preso da subito. Qual'è la differenza tra questi due trentaseienni? Con GF abbiamo fatto tante volte questo discorso: la mia è stata una scelta azzeccata? Oggi posso dire che, tutto sommato, sì, ho fatto bene quel che ho fatto. L'investimento di 16 anni di studio in più ha ripagato me in termini di prospettive. Per quanto anche il panorama della sanità in Italia sia veramente desolante (rispetto a quasi tutto il resto d'Europa), io probabilmente un giorno avrò uno stipendio più-che-decente, mentre chi ha cominciato a 20 anni non avrà altrettante possibilità di avanzamento. [Per correttezza, devo ammettere che studiare per così tanto tempo è stata sì una mia scelta, ma ho anche avuto la fortuna di nascere in una famiglia che mi ha supportata.]

Epperò. Chi, come me, ha studiato tanto, ha fatto università, master, dottorati e quant'altro, ma si ritrova disoccupato o a lavorare in un call-center? Ecco, io nei confronti di queste persone mi sento in colpa. Non ce n'è ragione, lo so, perchè non sono io a rubar loro il futuro, però mi sento in colpa lo stesso.



Quando poi queste persone che hanno studiato tanto, hanno lavorato e lavorano tanto ma guadagnano due lire non trovano posto per i loro figli nell'asilo nido comunale perchè il loro reddito è troppo alto io mi sento dimmerda. Perchè Fagiolina al nido l'anno scorso ha trovato posto.  E, anche se non me lo dicono, lo so che a queste persone io gli sto un po' sulle balle: guarda 'sta stronza che fa il medico e la figlia è pure entrata al nido, ma che maialate avrà fatto per riuscirci?
E' capitata in un'annata in cui c'erano un sacco di posti, ed è entrata.
Ma è giusto che il mandare i figli al nido sia una questione di fortuna? Una questione di "giusta annata", come se si trattasse di un vino?
Ma che Paese è questo, dove nel nostro Comune, 35.000 abitanti, gli asili pubblici offrono sì e no 10 posti?

venerdì 24 giugno 2011

Metti una sera d'estate

Metti che sei a fare la notte in guardia medica.
Metti che per cena ti sei strozzata una Simmenthal mangiata direttamente nella scatoletta, mentre con l'altra mano imbocchi il Nanetto e col piede tagli pezzetti di frittata per la Fagiolina.
Metti che alle 22 ti viene una sete terribile, perchè la carne ti si è giustamente intoppata, manco avessi mangiato pure l'alluminio intorno. Ravani nel portafogli e hai solo spiccioli da 1 centesimo, che il distributore dell'acqua li schifa.

Allora che fai? Dentro il poliambulatorio, dove di notte si lavora del tutto soli, al momento ci sono i signori delle pulizie, la situazione è tranquillla. Chiedi ai suddetti signori delle pulizie se hanno da spicciare 5 euro, ma niente. E allora dici loro che esci un minuto per andare a cambiare i soldi, agguanti il cellulare di servizio e la tua borsa e lasci in ambulatorio, per la prima volta da quando fai 'sto lavoro, valigetta, ricettari, timbri, tutto. Tutto. Di solito prendi su ciò che ti serve per una eventuale chiamata, una visita d'urgenza, ti porti il necessario sempre in auto. Stavolta no. Tanto stai fuori solo un minuto.

E invece tuo marito ti telefona quando sei fuori, e allora stai fuori due minuti.
E già quando sei sul piazzale antistante l'ambulatorio ti assale il dubbio: vuoi vedere che... E mentre preghi in aramaico lo sai, lo sai già benissimo che hai fatto la CAZZATA del secolo. Hai lasciato le chiavi dentro. E il buio che filtra dalle finestre ti dice che quelli delle pulizie se ne sono andati.
E hanno chiuso la porta, giustamente.

In un minuto ti passa davanti la prospettiva della DENUNCIA. Eh sì. Perchè se sei una dottorina, non puoi abbandonare la sede. E' interruzione di pubblico servizio. Ti arrivano i carabinieri in quattro e quattr'otto. Una carriera bruciata da una maledetta Simmenthal troppo salata.

E allora che fai?
Chiami tuo marito. Che una chiamata al marito ci sta sempre bene. Per mostrare tutta la propria fragilità: fa tanto coppia unita.
Poi ti rendi conto, in sequenza:
-che hai appena cambiato il cellulare, quindi:
-hai la rubrica semivuota, quindi:
-non puoi chiamare i colleghi per farti portare le chiavi.
-che il vecchio cellulare è rimasto a casa
-che tuo marito è andato ad una festa per la prima volta dopo mesi, e quindi a casa non c'è nessuno.

Chiami tuo padre. Che giustamente si incazza. Ciabatta fino a casa tua, trova il vecchio cellulare e tenta di aiutarti. Avete presente cosa significa far usare ad un uomo di 70 anni un cellulare che non ha mai visto? Ecco.
Dopo 20 minuti riesci a farti dare i numeri degli altri due colleghi [Il numero della signora delle pulizie sarebbe inutile: è in ferie, e questa sera c'erano i suoi sostituti].
Chiami la sola collega che abita qui vicino. Una, due, tre volte. Ti senti una merda: sicuramente le stai svegliando il figlio piccolo. Alla quarta chiamata risponde. E' in vacanza, fuori regione!
Chiami il secondo collega. Non risponde.
Pensi di chiamare i colleghi di una sede di guardia vicina, che forse loro hanno un duplicato delle chiavi. Ma non hai il numero.
Chiami il 118, per farti dare il numero. "Mi scusi dottoressa, ma lei non ce l'ha il numero?" E non puoi manco dire la verità, perchè oltre a far ridere tutta la Centrale Operativa te li mandano loro i carabinieri.
Il collega dell'altra sede è desolato, non ha le chiavi. Prova a sentire alla portineria dell'ospedale vicino. No. Non ce l'hanno nemmeno lì.
Richiami il marito, con le lacrime agli occhi. Mediti di telefonare ai Vigili del Fuoco a far buttar giù la porta di questo Poliambulatorio NUOVO.
Ultimo tentativo. Richiami il collega di prima, quello che non rispondeva. Alla quarta volta risponde. E' fuori, a 30 km da qui.

Ma devo averlo impietosito. Ha detto che mi raggiunge e mi porta le chiavi.

Dopo 20 minuti arriva, bel bello, in moto. Se la ride di gusto. Io sono prostrata dalla figura di merda.
Entro e mi è passata la sete.

Adesso vado a fare due lacrimucce antistress.

domenica 19 giugno 2011

Altro che Le Mans

Riassunto del nostro weekend:

SABATO
Sveglia alle 8. Colazione e vestizione bambini. Lavatrice. Stendino.
Ore 9,45: parto per lavorare, dalle 10 alle 20.
Ore 12,00: GF mi chiama per informarmi che ci hanno comunicato che il mattino dopo, alle 6 circa, verranno quelli della ditta di disinfestazione per fare il trattamento antizanzara intorno casa nostra. Parolacce e moccoli vari. Dovremo organizzarci per andare a dormire, noi e i bimbi, da qualche altra parte, per evitare l'intossicazione generale da antiparassitari.
[Che poi a me, 'sta storia di fare il trattamento antizanzare non mi piace per niente. Anche perchè, dopo una decina di giorni le zanzare non ci sono più, ma manco le lucciole, le cicale, i pipistrelli e il canto degli uccellini. Quante bestie ammazziamo? E poi, coltivo l'insalatina sul balcone per essere tranquilla che sia senza schifezze, e poi mi ci spruzzano non so quale veleno? Io ai vicini glielo devo proprio dire che mi sono rotta di questo cacchio di trattamento tutti gli anni. E anche che hanno stufato a dirlo all'ultimo momento, che l'anno scorso ero pure incinta e abbiamo dovuto cercare in quattro e quattr'otto un posto dove andare a dormire per non intossicare il Nanetto-in-fieri.]
Ore 20: stacco dal lavoro. Passo alla casa in campagna a recuperare il lettino da campeggio che sta lì dall'anno scorso (cioè dalla precedente fuga-dal-veleno, e ci aveva dormito Fagiolina).
Ore 20,30: arrivo a casa. Valigia per me e GF, che domani si va ad un matrimonio, valigia per tutta la famigliuola per le prossime notti, valigia per Fagiolina che domani resta da nonna C., valigia per Nanetto che domani va con nonna S. alla casa in campagna. Bagno di sudore. Metto dentro casa le mie amate insalatine e le fragole. I pomodori, poveri, si beccheranno il velenazzo. E noi con loro. Giro della casetta per chiusura di tutte le finestre e pertugi.
Ore 22: si parte tutti per dormire da nonna C.
Ore 23: si riesce a tirare il fiato e provare a dormire.

DOMENICA
Ore 6: Nanetto si sveglia, dopo una meravigliosa notte di sonno. Bravo!!
Ore 8: sveglia per tutti. Colazione. Trucco parrucco.
Ore 9,15: lasciamo Fagiolina imbronciata da nonna C., carichiamo Nanetto sull'auto.
Ore 9,40: lasciamo Nanetto in campagna con nonna S. Partiamo per il matrimonio (a 75 km da casa).
Ore 10,45: arriviamo al matrimonio, che tra cerimonia e pranzo arriva fino al pomeriggio inoltrato.
[C'è da dire che è la prima volta che andiamo a una festa senza figli. C'è da dire che per la prima volta in 3 anni non sono "abitata" da un figlio o non lo sto allattando. Ergo: posso bere il vino. E anche il caffè. Metteteci anche un gruppetto di amici che ultimamente si vede poco -causa figli-, mettete il tipico matrimonio marchigiano, metteteci un bravo cameriere che ogni 7 minuti esatti ci porta una nuova bottiglia di vino al tavolo... traete le conclusioni.]
Ore 17,30: lasciamo la festa. Evitiamo con destrezza pattuglie e etilometri.
Ore 18,40: arriviamo da nonna C., io mi cambio, prendiamo su Fagiolina e andiamo a prendere Nanetto.
Ore 19,15: recuperiamo Nanetto dalla casa in campagna.
Ore 19,40: parto dalla casa in campagna e mi reco al lavoro. GF torna coi figli da nonna C. per trascorrere lì la notte.
Ore 20: attacco la notte di lavoro (fino a domattina alle 8). Ho preso 3 caffè per riprendermi dai bagordi del matrimonio. Ho la lingua felpata, comunque.

PREVISIONE PER LE PROSSIME ORE:
Spero di sonnecchiare stanotte.
Domattina alle 8,30 ho 4 ore di ambulatorio per una sostituzione ad un medico di famiglia. GF si deve alzare, colazionare i bimbi e portare Fagiolina all'asilo mentre nonna C. terrà Nanetto.

Questi sì che sono weekend riposanti!

sabato 18 giugno 2011

La peggior Italia.

Mentre ascolto partecipe le parole arrabbiate di una mamma precaria che l'ennesimo nano ha osato apostrofare con (in)sufficienza; mentre leggo in corrosivo silenzio la notizia che gli evasori hanno (ancora e ancora) vinto a nostre spese (e però in conformità formale di una legge scritta dagli evasori stessi). Mentre penso ad emigrare lontano, abbandonando le mie amate radici, la mia casa, la mia famiglia d'origine, per offrire ai miei figli la protezione che meritano da questo schifo. Mentre annego nell'amarezza di chi sa di valere di più di così, e però qui non può dimostrarlo, perchè da quando è nato sente riecheggiare questa dannata parola, "crisi", in tutte le declinazioni concepibili (economica, morale, finanziaria, occupazionale, diplomatica, petrolifera, cubana, mediorientale, coreana, araba, informatica, politica, fiscale, demografica, culturale, educativa, vocazionale, nucleare, bancaria, previdenziale).
Mentre faccio tutto ciò, in un sabato pomeriggio di giugno.
Vedo una rondine, leggera, sfilare via come un pensiero.
Un raggio di sole la rincorre, tiepido.
Tutto tace. Solo garriti e cinguettii.
Un campana lontana ci rammenta che è passato un'altro quarto d'ora.
Ringrazio di esserci.
Mi bevo un bicchier d'acqua.

Poi mi rimetto l'armatura.

mercoledì 15 giugno 2011

Parla con lui

Da: "Leggimi Forte". di Rita Valentino Merletti e Bruno Tognolini. Salani Editore

"Gli umani, appena nati, paiono esseri fragili e precari, in bilico sul ciglio della vita come sul crinale di una collina. Forse lo sono davvero, o forse è la nostra ansia di genitori che li vede così. Fatto sta che, a quel punto, noi prendiamo d'istinto a chiamarli, con voci e sorrisi, perchè da quel crinale si lascino scivolare verso di noi, da questa parte e non da quella.
La voce umana ha un potere grande e segreto, che assordati da molti apparecchi rischiamo di dimenticare. Prima del senso c'è il suono, prima delle parole c'è la voce. Quella voce ha potere sulle cose: le chiama all'umanità, le rende umane.
Parliamo agli animali, che non conoscono le parole, parliamo a una lapide, a una pianta, a uno specchio; a una persona in coma perchè ricordi la vita umana, e vi ritorni.
E a un neonato perchè si fidi e vi entri.
La voce echeggia come un canto di balena, in quell'oceano sconfinato e incomprensibile che è una nuova vita, per dire tre sole sconfinate verità: io sono qui, tu sei qui, il mondo è qui.
I mesi e gli anni passeranno, quella voce prenderà forma di parole, perline di senso infilate in collane via via più fiorite e complesse: mangia, dormi, ridi, cresci, come stai?
Ma sotto quella superficie variopinta, in certe ore del giorno, in certe condizioni di luce, di emozione, di sonno, noi siamo ancora in grado di sentirlo, quel suono senza senso, quella voce senza parole, che non 'vuole dire' niente, ma genera umanità.

La cosa fondamentale che questo libro dice a un genitore è dunque questa: parla a tuo figlio.
Hai un potere di umana magia nella gola, unico eppure comune: perchè ne sei avaro?
Parla con lui, con lei. Non negargli ciò che sai fare, che gli serve.
E se non sai cosa dire, ci sono sorgenti di parole giuste, che son fatte per questo: leggi un libro."

martedì 14 giugno 2011

L'ottavo giorno

Stiamo insegnando a Fagiolina i giorni della settimana.
Tipo: "Fagiolina, oggi è martedì. Oggi si va a scuola.", oppure "Domani è domenica. Domani non si va a scuola".

Dialogo di stasera durante la cena:
Fagiolina: "Babbo, domani vado a scuola?"
GF: "Sì, certo!"
Fagiolina: "Ah, allora è DOMANEDì!!"

domenica 12 giugno 2011

Un salto dal dottore prima del voto

Domenica mattina in guardia medica.
Ho notato (con piacere) che, nonostante la bella giornata, la maggior parte dei pazienti sono passati in ambulatorio con la tessera elettorale in mano.
Due vecchietti, reggendosi l'uno all'altra, mi hanno detto: "Visto che siamo usciti per andare a votare abbiamo pensato di passare prima qua a misurare la pressione".
Ho sentito sulle mie spalle tutta le responsabilità del raggiungimento del quorum: chissà che questa mia misurazione non influisca sul voto.
Comunque, i valori erano buoni.

Appena finisco qua anche io mi recherò alle urne. La mia tessera ce l'ho in valigetta dalle 7 di stamattina.

sabato 11 giugno 2011

Contorsionismo da toilette

I nostri figli non sono stitici.
Entrambi, da quando mamma l’ha fatti, non hanno mai saltato un giorno di cacche.
Fagiolina si accontenta di 2-3 al giorno, e per fortuna almeno una se la smazzano le maestre al nido (graziegraziegrazie!!). Ancora per poco, visto che alla scuola materna vorranno bambini spannolinati, e quindi da settembre toccherà cambiare aria. In tutti i sensi, temo.
Nanetto, povero, non scende mai sotto le 4. Lui la spiccia, la cacca, non la fa tutta insieme. Gli dispiace non regalarci la sua perla ogni 5 ore, e quindi si sforza, si impegna e, felice, produce.
Noi non si può mai uscire senza il BORSONE dei pannolini. E’ l'appendice di ogni famiglia che si rispetti. Ogni pranzo, cena, festa o merenda fuori casa sono allietati dal momento del cambio.

A titolo di esempio, vi racconto il nostro scorso weekend.

SABATO
Per il compleanno di nonna C. siamo andati a cena fuori. Ristorante piccolo, rustico ma-che-vuole-darsi-un-tono, ottimo rapporto qualità prezzo.
Nanetto si esprime con dovizia di rumori e grugniti di accompagnamento.
Lo prendo su e mi avvio, borsone a tracolla e sguardo rassegnato.
Il bagno vero e proprio è preceduto da un primo antibagno (semibuio) con attaccapanni, e un secondo antibagno con lavandino. Niente fasciatoio. Non che me lo aspettassi, sia ben chiaro.
Ma lì non c’era manco un tavolo, un ripiano, che so, 30 cm quadrati per cambiare il pupo. Torno indietro, chiedo soccorso a GF e torniamo alla carica.
Il passeggino non passa per la porta. Prendiamo due sedie dalla sala, le portiamo nella camera oscura, e cambiamo Nanetto in precario equilibrio. Ma Nanetto quando siamo in difficoltà lo sente, ha il recettore specifico per l'adrenalina come un Mamba, e quindi si rivolta, si ribella, si agita e incacca i nostri bei vestitini della festa, lancia il pannolino sporco per terra (che, come per il postulato della fetta imburrata, cade sempre dalla parte... nutellata), si acchiappa il pisellino smerdocchiato e poi si ciuccia l’indice sorridendo beato.

DOMENICA
Siamo stati a pranzo al ristorante “Il Paese dei bimbi”. Ora, da un ristorante che si chiama così, e il cui target sono le famiglie con bambini (ci saranno stati almeno 10 passeggini parcheggiati in sala), uno non dico si aspetta, ma almeno spera ci sia qualche comodità.
Nell’enorme antibagno troneggiava un enorme ed ingombrante appendiabiti. Vuoto.

Di fasciatoi, nemmeno l’ombra. Nemmeno uno piccolo piccolo.
Ci siamo allora cimentati in una delle nostre performances preferite: il cambio del pupo sul passeggino. Ma questa volta l’abbiamo fatto in mezzo ai tavoli, tra la gente che mangiava. Quasi quasi lo pulivamo con un tovagliolo.
Fortunatamente, anzichè occhiate di disapprovazione abbiamo ricevuto sguardi di compatimento e solidarietà, perchè eravamo in un ristorante PER FAMIGLIE.

Lunedì, per consolarci, siamo stati a pranzo da Mamma Ikea. Non abbiamo neanche dovuto portarci IL BORSONE. Lì, oltre al cesso per famiglie, oltre a fasciatoio, seggioloni, bavaglini, omogeneizzati, scaldabiberon, menù bambini a prezzi ridicoli, oltre allo Smaland Ikea, oltre allo spazio giochi nel ristorante, se ti scordi i pannolini, LORO TE LI REGALANO.

Vi segnalo a proposito di tutto ciò un meraviglioso post di Benedetta su Donne in ritardo.

giovedì 9 giugno 2011

Cosa ho imparato a fare

Oggi il tempo è veramente tiranno. La catasta di panni da stirare ha raggiunto le dimensioni di Minas Tirith (ma mi spaventa come Minas Morgul). Io e Nanetto siamo appena rientrati dalla piscina e lui ora se la dorme beato.
Vi mostro la mia ultima creazione, che sto sfoggiando insieme alla gonna fricchettona che ho appena ricavato da un vecchio abito:

L'idea l'ho presa da qui.

mercoledì 8 giugno 2011

L'obiettivo della giornata

PROLOGO:
Ieri mattina dichiaro a GF:
"Oggi l'obiettivo da raggiungere è pagare l'RC auto".
"Però, ambizioso!" fa lui, sarcastico.

L'ANTEFATTO
L'anno scorso, alla veneranda età di 36 anni, non senza l'aiuto economico di mio marito, mi sono comprata la mia PRIMA auto (una Punto di seconda mano, che credevate?). Mia suocera, negli anni '60, con pochi anni di lavoro alle spalle (e geometra, mica notaio!) al tempo si era comprata un appartamento. Ma tant'è. Siamo nel 2011.
Ho quindi stipulato anche la mia PRIMA assicurazione auto.

Quest'anno volevo dichiarare che sono una che finalmente lavora. Sì, una LIBERO PROFESSIONISTA, mica cazzi. Una che non vive più sulle spalle dei genitori (bugia!). Anche perchè il commercialista ogni anno mi prende per il culo perchè credo di essere l'unica italiana che non scarica anche gli omogeneizzati dei figli (potrei farli passare per snack da sala d'attesa).
No. Io non scarico la benzina. Io non scarico i pranzi. Io non scarico gli alberghi.
E non ho scaricato l'RC auto. E adesso ditemi pure quel sinonimo di fessa.
Però quest'anno si cambia, mi sono detta, chè sono stufa di essere la barzelletta dei commercialisti.

PRIMO ATTO (40 minuti):
Bene. Dal sito della compagnia assicurativa sembra che io possa "adattare il preventivo alle mie esigenze personali". Cacchio, efficenti.
E invece no.
Piccolo piccolo, c'è anche scritto: "Per modificare i dati relativi al contaente/intestatario, telefonare al numero 02/***".
Azz. E non è un numero verde.
Ho poco credito, quindi decido di usare l'ottimo servizio "Telericarica" di Vodafone, cui sono iscritta da ANNI. Epperò ieri ha deciso di non funzionare.
Telefono a Vodafone.
L'operatore mi chiede: "Lei ha una Carta Visa - Unicredit Card? Allora deve chiamare VISA, perchè non è un problema nostro".
Chiamo VISA.
Musichetta. Digito un delirio di numeri e rispondo a una raffica di domande (ci mancava solo quella sul nome del secondo cugino di Frodo Baggins), schivando più e più volte l'opzione "blocco della carta". Niente. Se telefoni a VISA, tutte le opzioni portano alla fine al blocco della carta. E' un imbuto.
Chiamo Unicredit.
L'operatore, parecchio annoiato, filosofeggia 10 minuti sulla scorrettezza di Vodafone a scaricare il problema su di loro.
Insomma, alla fine faccio la fottuta ricarica con l'e-banking e mi riprometto di pensarci dopo.

SECONDO ATTO (52 minuti):
Telefono al numero milanese della compagnia assicurativa. Dopo un po' di musichetta e di digitamento di numeri, arrivo finalmente all'operatore.
Che manco vuole sentire cosa voglio, mi passa al "Servizio clienti". Ma, scusa, allora tu chi cazzo eri?
Musichetta. Non riaggancio per non perdere la priorità acquisita e aspetto solo 15 minuti. Chissà chi non aveva acquisito la priorità, forse sta ancora aspettando.
Alla fine mi risponde una, cui comunico il mio numero di partita IVA. E lei... METTE GIU'!

Stoica, ricomincio daccapo. Dopo altri 10 minuti riesco di nuovo a parlare col "Servizio Clienti". Chiedo di poter indicare la partita IVA.
"Ma lei E' un'azienda?"
"No, io non SONO un'azienda, non HO un'azienda, ma sono un medico, un libero professionista, ho la partita IVA".
"Ah, attenda un attimo".
10 minuti. Musichetta.
"Quindi lei ha la partita IVA?"
"Sì".
"Va bene, lo metto subit... oh, guarda, è sparita la pagina. Un momeeennntooo. Ah ecco. Quindi... l-i-b-e-r-o p-r-o-f-e-s-s-i-o-n-i-s-t-a. Non c'è. Non lo posso mettere".
"Provi: medico?"
"Sì, medic.... oh, è di nuovo sparita... Ah, ecco, ci sono. Medico ha detto? Vediamo se me lo prende... non me lo prende. Attenda un attimo".
"NOOO! guardi, se mi mette in attesa non finiamo più!"
"Sìssì, va bene, attenda..."
E attendo. Attendo. Attendo.
42 MINUTI.

TERZO ATTO (7 minuti)
Decido di cambiare compagnia. Mi informo, trovo un nuovo sito. Niente, non c'è modo di farlo con la partita IVA, solo codice fiscale.
Mi rassegno a provare l'ultima volta con la prima assicurazione.
5 minuti.
Santo Fabrizio o Franco o comecazzotichiamavi, so solo che mi hai mandato il nuovo preventivo in 2 minuti. Era semplice.
Solo che io a quel punto ero fuori dalla grazia di Dio. E si sono svegliati pure i figli, che -angeli- si erano fatti miracolosamente una dormita di due ore e mezzo, sennò ancora eravamo al secondo atto.

Mi sono fatta una camomilla. Doppia.

E comunque, no. L'obiettivo non l'ho raggiunto.
Oggi devo pagare. Con la VISA.

martedì 7 giugno 2011

Piccoli lettori crescono

La lettura è una mia passione da sempre. Uno dei ricordi più cari della mia infanzia è mio padre che tutte le sere mi portava nel lettone e mi leggeva una favola; grazie a quegli appuntamenti serali e imitando mia sorella più grande che già faceva i compiti imparai a leggere ben prima di iniziare la scuola. In prima elementare, mentre gli altri bambini componevano le parole con le letterine mobili, il maestro mi dava in prestito i libri della piccola biblioteca scolastica per non farmi annoiare. Ogni sera passavo ore a leggere a letto, con mia madre che strillava dall'altra stanza: "Spegni la luce! Dormi!". E io divoravo libri sotto le coperte, alla luce di una piccola torcia.

Mi piacerebbe tanto che anche i miei figli amassero la lettura come me. Fagiolina ha già il suo cassettone di libri, messo alla sua altezza, sempre disponibili. Di sera ne sceglie uno e si siede per terra a guardare le figure. Da qualche tempo ha anche iniziato a raccontarseli da sola: "Allora... c'era cicogna... portato lefantino...". Nanetto ha a disposizione i libri di Fagiolina, e sembra gradirne il sapore.

L'editoria per bambini, anche molto piccoli, è molto attiva, ma con risultati spesso poco riusciti. Filastrocche senza un briciolo di musicalità, disegni sgargianti e incomprensibili, materiali non sicuri. GF, a suo tempo, compose alcune poesie per pimpare dei libri altrimenti illeggibili.
La nostra preferita era l'ape festosa:


Svolazzando sopra un prato
dal profumo prelibato
la farfalla all'ape dice:
oggi è festa, son felice!


Osservando il vola-vola
il coniglio fa parola:
"Dove andate sì ronzando?
Io vi seguo saltellando!".


Passan tutti sopra al bruco
che si affaccia dal suo buco;
chiede anch'esso alla brigata:
"Che cos'è questa risata?".


IL coccinella vestito di rosso
viene svegliato dal forte schiamazzo.
Esce ed inciampa su un piccolo fosso,
e rotolando dice: "Che pazzo!".


Poi tutti quanti fanno una festa:
nettare, musica e fiori odorosi
fanno alle api girare la testa.
Se chiudi gli occhi, poi ti riposi.

Per Fagiolina era la storia della buonanotte. Peccato che penserà per sempre che si dica IL coccinella, e non LA coccinella!


Grazie alla segnalazione di Claudia di La casa nella prateria sto leggendo "Leggimi forte. Accompagnare i bambini nel grande universo della lettura". Tra tanta (inutile) manualistica per genitori, mi sembra molto ben fatto.

lunedì 6 giugno 2011

Favole


Ieri sera Fagiolina mi ha chiesto di raccontarle la fiaba di Cenerentola.

"C'era una volta una bambina che si chiamava Cenerentola. Cenerentola viveva in una grande casa insieme alla matrigna e due sorellastre cattive e brutte, che le davano un sacco di ordini e la facevano sgobbare tutto il giorno. Cenerentola invece era bella e brava, ma era anche un po' tontolotta perché, se si fosse data una svegliata, avrebbe preso matrigna e sorellastre a pedate e le avrebbe sbattute fuori di casa, che -ricordiamocelo bene- era di sua proprietà, e non di quelle racchie. Ma purtroppo Cenerentola aveva preso dal padre, pure lui parecchio rimbambito, visto che avrebbe potuto fare un bel testamento con tutti i crismi e dare alla figlia un futuro sereno, invece di sposare la prima vedova che le capitava a tiro e morire subito dopo. E così Cenerentola lavava, stirava, puliva i pavimenti e cucinava a gratis tutti i giorni per la sua famiglia. Insomma, un po' come tutte noi. Per essere più felice faceva grande uso di trielina, ammazzando i pochi neuroni di cui la natura l'aveva dotata, ma -per contro- cantando alle bolle e parlando coi topi.



Un bel giorno arrivò dal palazzo reale l'invito ad un ballo: anche Cenerentola voleva andare e chiese il permesso alla matrigna, che tanto per ridere le disse di sì, ma intanto aveva già prenotato una carrozza a tre posti. I topi le prepararono un bel vestito, ma evidentemente era di scadente fattura (cosa vuoi pretendere da dei topi?), visto che si strappò alla prima litigata con le sorellastre. E Cenerentola che fece? Invece di mollare un paio di schiaffi a quelle streghe se ne rimase lì a piangere di quanto era sfortunata. La storia si stava un po' incartando, quando arrivò il Deus-ex-machina: la Fata Smemorina, che in men che non si dica trasformò Cenerentola in una Velina da sballo e la fece andare alla festa.

Cenerentola ballò tutta la sera col Principe, senza manco presentarsi, scambiare -che so?- due chiacchiere: no, loro niente, ballavano e ballavano e ballavano che sembravano ad un rave. Il Principe pure lui non era una cima (colpa di secoli di incroci tra reali, che, si sa, sono tutti consanguinei) e forse s'era strombato un po' troppo, perciò quando Cenerentola a mezzanotte se ne scappò via perdendo una scarpetta, non si ricordava nemmeno la faccia di colei della quale era perdutamente innamorato. Decise però di sposare la prima che fosse riuscita ad infilare la scarpetta: tanto che importa che una sia intelligente, simpatica, o per lo meno bella? No, anche la peggior cessa incapace e scema può andar bene, l'importante è che abbia il piede giusto per il nostro Feticista di sangue blu.

Il Principe si girò tutte le case del regno per trovare il possessore del suddetto piede (uomo, donna, animale o tavolo), finchè arrivò alla casa di Cenerentola. Le sorellastre provarono e riprovarono ad infilare i loro piedoni nelle scarpe, ma si sa che cattivo e antipatico fa rima con piede grosso, e perciò niente da fare. Cenerentola invece, che si era appena ripresa dalla nottata di allucinogeni, se ne arrivò bel bella con l'altra scarpina e il Principe che fece? Invece di pensare: “ah, c'ha l'altra scarpina, quindi è lei!”, gliela provò e -guarda caso!- le andava giusta.

Fu così che i due si sposarono, Cenerentola finalmente sbattè fuori di casa matrigna e sorellastre e andò a vivere al castello col Principe. Il quale ci provò pure lui a farle fare la brava donnina di casa che lava, pulisce, cucina e fa i figli, ma Cenerentola col cazzo che ci ricascava. Per cui si fece comprare il Roomba e pure lo Scooba per pulire e lavare i pavimenti e passava tutto il giorno a trincare Martini e a prendere il sole col costume leopardato sul bordo della piscina reale.

Fine.”

A Fagiolina è piaciuta molto.

sabato 4 giugno 2011

Non ce la farò mai...

Travolto da un plotone di impegni importanti e accerchiato dalla marea di schifidi lavoretti (cfr. Eriadan), arranco, annaspo, sbando, e infine stramazzo.
Nell'affanno quotidiano per la sopravvivenza guardo con lampi veloci allo specchietto retrovisore del mio passato, e vedo i miei vent'anni spensierati, indolenti, fancazzisti, autoreferenziali, strafottenti, ebbri e curiosi.
Ogni età ha il suo vento.
Farei a cambio col mio oggi?
No, mai.

L'essere in atto invidia l'essere in potenza.
L'essere in potenza invidia l'essere in atto.
Il cerchio si chiude.
Lo yin e lo yang sono contenti e soddisfatti, e io torno alle mie sudate carte.

E' tardi.
Scappo.

giovedì 2 giugno 2011

Sostituzioni al medico di famiglia - Parte 3

Devo di nuovo andare all'accogliente ambulatorio per prendere le chiavi.

Intanto, presa da amletici di dubbi ("Gli avrò chiesto troppo?"), mi sono informata.
Il Dott. *** ha 700 pazienti.
Vabè, in effetti con 700 pazienti, non guadagna certo tanto (§), mi sono detta. Sicuramente meno dei 100 euro al giorno che gli ho domandato.

Poi, però, ho saputo che il Dott. *** continua a fare la guardia medica.
Vi spiego: un medico di base di solito inizia la sua carriera facendo la guardia medica. Dopo anni di gavetta ad un certo punto ottiene la tanto sospirata convenzione dalla ASL: può aprire un ambulatorio di medico di famiglia e cominciare ad avere i suoi pazienti. Finchè non raggiunge la quota di 650 assistiti, può continuare a fare la guardia medica. Quando sfora, deve scegliere: o l'uno, o l'altro lavoro.

Uhm.

Non posso manco dire: povero, ha raggiunto da poco i 700 assistiti, forse deve ancora cancellarsi dalla guardia medica.
No.
Il Dott. *** una volta era un massimalista (^), ma un sacco di suoi assistiti l'hanno rifiutato e sono passati ad un altro medico.
Ora, c'è da dire che prima che un paziente cambi medico, il medico deve avergliene fatte di cotte e di crude. Tipo ammazzargli tutti i parenti fino alla settima generazione. Un paziente è attaccato al suo medico di famiglia come una patella allo scoglio. Malgrado ne dica peste e corna, un paziente non lascia il suo medico di famiglia.

E poi il Dott. ***, quando sono andata a prendere le chiavi, dopo avermi fatto aspettare mezz'ora davanti al suo studio chiuso, dopo aver di nuovo sproloquiato un'altra mezz'ora di interruttori e stampanti, mi dice tutto trafelato:
"Scusa, ma devo proprio scappare. Sai ho una specie di altro ambulatorio."
Una specie di altro ambulatorio: luogo dove i medici svolgono generalmente attività pseudo-specialistiche generalmente molto remunerative, generalmente con molto nero. Dicesi marchette.

Allora faccio un paio di conti in tasca al Dott. ***.
Attività di guardia medica: 1800 euro al mese minimo.
Attività di medico di famiglia, quota fissa: 700 assistiti X 38,62 euro/annui/assistito : 12 mesi = 2252 euro (lordi) circa al mese.
Attività di medico di famiglia, quota variabile: medicina di associazione, indennità informatica, prestazioni aggiuntive (ad es.: 18,90 euro a visita domiciliare per pazienti in assistenza domiciliare, assistenza programmata nelle residenze protette, ecc...) = ??? (qualcosina si tira su)
Attività specie di ambulatorio = ??? (sicuramente non poco. E molto in nero.)

Uhm.

§ = In Italia, il medico di famiglia è pagato a seconda del numero dei suoi assistiti. Si chiama Quota Capitaria ed è di 38,62 euro lordi all'anno a paziente, indipendentemente dal numero di accessi ambulatoriali.
^ = Un medico "massimalista" ha raggiunto il numero massimo di assistiti previsti dalla legge, cioè 1500.

Sostituzioni al medico di famiglia - Parte 2

Il giorno prestabilito, cerco su internet l'indirizzo dell'ambulatorio.
Mi imbatto così in uno di quei siti che raccolgono le opinioni degli utenti riguardo a prodotti, locali, negozi, eccetera.
E trovo una (unica) entusiastica recensione sull'ambiente rinnovato, accogliente e disponibile alle lunghe attese del nuovo ambulatorio del Dott. ***, un dottore molto preparato.

Ecco, sta a vedere che il Dott. *** si scrive pure le recensioni da solo.

Una volta arrivata all'ambulatorio rinnovato e disponibile, la sala d'attesa è vuota (strano, per un medico di famiglia), busso e *** mi apre:
"Buongiorno, sono Margherita"
"Ah vieni, vieni. Ti faccio subito vedere...

...e parte a raffica, senza manco offrirmi una sedia, mostrando i due portatili sulla scrivania, le due stampanti, spiegando come si accendono, come si spengono, la ciabatta elettrica, gli interruttori della luce, il campanello per fare entrare i pazienti, l'interruttore dell'aria condizionata. Insomma, un delirio di ON/OFF.



E poi arriva il delirio delle chiavi: quella verde, quella rosa, il fermo per la porta che sta qui, lo devi mettere così, il fermo per l'altra porta che devo mettere cosà, la chiave per il bagno, mamiraccomandononlaperdere, quando vai via togli il fermo lì, togli il fermo là, mettili qui e qua e blablabla.
I ricettari li trovi dentro il frigo.
Le medicazioni non le fare.
Scrivi tutto quello che fai su questo file, ecco vedi? qui e qui.

Una mitragliata di informazioni superflue. Sicuramente superflue per la salute dei suoi pazienti.

Lui: "E...quanto ti devo pagare?".
Io: "Ti faccio la fattura di 125 euro con ritenuta, io prendo 100 euro netti".

Silenzio.

Ho visto nei suoi occhi: "Come me la levo di torno 'sta esosa?"
Ha visto nei miei occhi: "Come me lo levo di torno 'sto pazzo rompiscatole?"

Mi fa: "Eh, ci credo che fai poche sostituzioni qua ad ***, primo perchè sei nuova, e poi perchè chiedi una TOMBOLA!! C'è una tua collega che chiede 50 euro. Si vede che ha più bisogno di lavorare di te!".

Un momento.
Primo: io  faccio poche sostituzioni ad *** perchè VOI medici di famiglia convenzionati vi associate e pur di non sborsare una lira vi sostituite a vicenda, con la conseguenza di sale d'attesa strapiene, perchè un solo medico si vede il doppio dei pazienti. Ma ad *** (la  città vicina) lavoro una cifra, e non riesco ad accettare tutte le sostituzioni che mi propongono.
Secondo: sono laureata da 9 anni. Ho due specializzazioni. Ho l'abilitazione per fare il medico 118. Sono una MAMMA. Ho 36 anni. Ho 15 chili di troppo. Non mi trattare come una ragazzina alle prime armi.
Terzo: con tutto il rispetto, una baby sitter prende 10-15 euro l'ora. Una donna delle pulizie prende 10-12 euro l'ora. Un idraulico si prende 50 euro solo per la chiamata. Tu, per farti tenere l'ambulatorio mattino e pomeriggio + 12 ore di reperibilità + le visite a domicilio (benzina e parcheggio a mie spese) quanto mi daresti? Allora me ne sto a casa a guardarmi i figli! Oppure ti vengo a pulire le scale e ho meno responsabilità.
Quarto: sei uno schifoso sfruttatore che se ne approfitta di un'altra povera collega che, evidentemente (te ne sei reso perfettamente conto), ha bisogno di lavorare e tu le dai una miseria.
Quinto: sei proprio un signore. Una TOMBOLA è proprio un modo carino di dire.

Alla fine mi chiede:
"Ma insomma, quanto ti devo lasciare? 100 euro? e i 25 euro a chi li devo dare?"
"Allo Stato"
"E... come devo fare??"

Ecco. Fino adesso i tuoi sostituti a 50 euro li hai pure pagati in nero.

"Guarda, senti il tuo commercialista, che è meglio."

Risorse energetiche

Mattina di lavoro in Guardia Medica.
Paziente di circa 80 anni.
"Dottoressa, vede qua l'occhio, è tutto rosso..."
"Sì, vedo. Da quando? Da stamattina?"
"Eh, sì. E poi mi lacrima... Sa perchè io ho anche un'ENERGIA..."
"... (?)"
"E' da tanto tempo che ho questa ENERGIA!"
"Come, scusi?"
"Sì, e prendo anche il COLTENE."
"... (???)"
"..."

"Ah, ha quindi ha un'allergia!"
"Sì, dottoressa, gliel'ho detto!"

Nuove alternative al nucleare.