mercoledì 20 aprile 2016

Alla ricerca di una scuola buona

Torno ancora una volta sull'argomento scuola.
La scorsa settimana abbiamo avuto i colloqui di Fagiolina. Tra le tante cose che metterò nel mio bagaglio di ricordi lasciando l'Italia, ci sarà lo sguardo ferito di una delle sue maestre. Ci ha confessato, con gli occhi lucidi, che sente di non essere riuscita a mettersi in contatto con la classe, di non essere stata capace di trasmettere loro ciò che avrebbe voluto. E ci ha detto, quasi bisbigliando, che facciamo bene a portare via Fagiolina. Che fiorirà di nuovo, in un altro ambiente. Che avrà finalmente il modo di essere fino in fondo la bambina speciale che è. Che ha grandi potenzialità che non è riuscita ad esprimere in questo ambiente sfavorevole. 
Il senso di sconfitta che emergeva dalle parole di questa giovane (ma esperta) insegnante ci ha toccati profondamente. Ci ha riempiti di tristezza per lei, e di rabbia per nostra figlia, per il suo futuro e quello di un'intera generazione. Di amarezza per questa Italia che non guarda avanti e non mette gli insegnanti nelle condizioni migliori per lavorare. Che guarda irrimediabilmente al passato senza accorgersi che la buona scuola è altro (leggete tutto l'articolo, è molto interessante: https://www.uppa.it/educazione/scuola/la-scuola-non-e-una-gara/).

"La scuola efficace è quella che sa trasformare la classe in un laboratorio di interazione continua e sistematica fra i bambini, che lavorano, insieme, in funzione di un’esperienza concreta e condivisa. Questo metodo permette, attraverso la problematizzazione, di attraversare gli errori e utilizzarli ai fini dell’apprendimento, piuttosto che della competizione.
Purtroppo l’Italia, in modo particolare con la riforma Gelmini che ha riproposto i voti nella scuola primaria e addirittura la possibilità di essere bocciati sulla base di un’insufficienza numerica, è regredita in maniera significativa. Valutare continuamente con dei punteggi numerici quello che l’alunno sta facendo significa interferire in modo arbitrario con quel flusso mentale, cognitivo, ma anche sensoriale, grazie al quale il bambino acquisisce una competenza. Le valutazioni negative non producono alcun miglioramento nel rendimento scolastico, costituiscono soltanto una modalità punitiva e mortificante."

Uscendo, mi risuonava in mente la scena de "La meglio gioventù", ormai vista e rivista decine di volte, specialmente da me che sono un medico. Una scena ambientata OLTRE 40 anni fa.


Ieri Fagiolina è stata male, e per un giorno è rimasta a casa.
Oggi è tornata a scuola e la maestra di matematica le ha dato per compito una scheda da completare. La stessa scheda su cui hanno lavorato ieri in classe, mentre lei era assente, e che avrebbero dovuto completare per domani. I suoi compagni hanno quindi avuto le ore in classe e 2 pomeriggi per farla. Fagiolina ha avuto solo oggi pomeriggio. Beh, nella scheda c'erano oltre 60 operazioni da svolgere. Dopo 8 ore in classe, perchè Fagiolina va a scuola a tempo pieno.
Essere stata male un giorno si è trasformata in una sorta di handicap e "recuperare" quello che non ha fatto in classe sembra una punizione.

Io non mi sento neanche più di criticare questo modo di fare la scuola. Non so più a chi attribuire colpe e responsabilità: la situazione è grave a così tanti livelli che ci vorrebbe, come si dice nel film, un'apocalisse, altro che una patetica riforma.

Io so solo che Fagiolina venne definita, anni fa, da educatrici di grande esperienza e competenza "una bambina straordinaria, una leader naturale, una fuoriclasse", e adesso me la ritrovo a piangere calde lacrime su decine di operazioni, a gridare "io odio i compiti! io non ci capisco niente! io non ci riuscirò mai!" e non so se è troppo tardi per toglierle dalla testa e dal cuore questa spina gelida che le è entrata dentro e che le fa credere di non essere capace di imparare.

In Danimarca non esistono voti fino a 13 anni, perchè "lo scopo dei primi anni di scuola è quello di sviluppare primariamente le competenze sociali dei bambini".
La premessa sembra buona, speriamo di ritrovare un po' di serenità.



lunedì 11 aprile 2016

L'accoglienza vs l'invadenza

Da un paio di settimane ho dato il via ad una operazione di decluttering estremo in casa. Complice il prossimo trasloco, ho deciso di liberarmi di una montagna di oggetti che giacciono da mesi, se non anni, nei meandri di casa e di rivenderli, riciclarli, regalarli e, solo se non c'è alternativa, buttarli. L'idea è quella di fare un po' di ordine, togliere di mezzo quello che tanto non porteremmo mai con noi in Danimarca e lasciare solo quello a cui siamo estremamente affezionati. Per quanto tutti quelli che vengono a casa nostra si stupiscano di quanto sia "vuota" e spartana (ci chiedono se ci siamo appena trasferiti quando, in realtà, stiamo qui da oltre 3 anni), le cose da eliminare non mancano di certo.

Ieri nel mio paesello c'è stato un mercatino svuota-soffitte in piazza e ho colto l'occasione di fare il mio banchetto di libri e oggetti usati.
Appena arrivata, alle 8,30, parcheggio temporaneamente davanti al ristorante della piazza per poter scaricare velocemente il banchetto e la mercanzia: tempo neanche 10 minuti e la padrona del ristorante (che sarebbe rimasto chiuso fino all'ora di pranzo) mi invita a spostare subito l'auto, che lì non può stare e dà fastidio.

La giornata poi è scorsa via abbastanza piacevolmente, con qualche vendita e qualche chiacchierata, complice il primo sole primaverile.
Ho scoperto che la mia vicina di banchetto di destra è anche una vicina di casa, mentre i miei vicini di sinistra erano due uomini marocchini con un tavolo enorme pieno di oggetti di ogni tipo.
L'organizzatrice del mercatino mi racconta che quest'anno ha dovuto faticare parecchio per ottenere i permessi per il mercatino: nonostante la giunta di sinistra, sembra sia indecoroso fare un'esposizione di cianfrusaglie e paccottiglia usata. Alcuni negozianti della piazza si sono lamentati e opposti, e non si sa se ci saranno altri eventi del genere. Inoltre, in questo periodo c'è un'importante mostra di quadri in città che attira molti turisti: che cosa potrebbero pensare di tutte queste cianfrusaglie che deturpano la bellezza della nostra gloriosa città??

All'ora di pranzo, mi volto un attimo verso sinistra e scorgo che si apprestano a mangiare uno stupendo cus cus da un'ENORME tajine. Una roba mai vista. Sorrido e auguro buon appetito, ma loro mi invitano, cucchiaio alla mano, ad unirmi a loro. Non ci metto molto ad accettare: troppo gentili loro e troppo invitante l'aspetto del cus cus, che io adoro! Condividiamo il pasto chiacchierando, e mi fanno notare come sia bello mangiare dallo stesso piatto, perchè i confini in quel momento non ci sono più.



Notano tra i libri usati sul mio banchetto Shah-in-shah di Kapuscinsky, (ho quasi tutti i suoi libri) che in copertina mostra una immagine di Khomeyni e da lì in un attimo cominciamo a parlare di religioni, di guerre, di sciiti e sunniti, di orrori e di pace. 


Mi raccontano brani del Corano, sorridiamo all'irrazionalità di alcuni dogmi ("ma se Gesù è il figlio di Dio, chi sono i suoi nonni?"). Io ascolto, confesso che per noi europei è molto difficile comprendere le spaccature interne all'Islam, dichiaro che a mio parere staremmo tutti meglio se non ci fossero religioni. Il tempo passa, offro loro un caffè, scherzano dicendo che è una cosa molto strana che un medico si metta a fare mercatini. Una persona "modesta", mi definiscono.

Ad un certo punto sento una nenia sommessa: uno dei due prega dopo aver steso il tappetino a terra. Si sente appena la sua voce, si avverte che è un momento di intimità.

Nel pomeriggio si materializza un vassoio d'argento con un delizioso tè alla menta che i due signori offrono orgogliosi a metà piazza.


Alle 18, arriva accanto a noi un gruppetto di persone. Piazzano proprio accanto al tavolo dei due marocchini una sorta di ambone, microfoni, altoparlanti. Infine sistemano un grande manifesto "missione in piazza" e l'immagine di Gesù. Iniziano canti a squarciagola nel microfono, bambini e adulti armati di chitarre che girano in cerchio, si allargano, invadono il corso. Raccontano al microfono di vite tristi e vuote che miracolosamente hanno acquistato un senso dopo aver conosciuto Gesù, cercano di coinvolgere la piazza. 
Sono invadenti, sono rumorosi. Non si riesce più a parlare con gli avventori del banchetto, anzi, le persone che passano corrono via veloci e non si fermano al mercatino: c'è troppo rumore, la passeggiata domenicale si fa per stare un po' in pace.
Dopo un'ora e mezza di preghiere e canti (parecchio lagnosi, tra l'altro...se questo deve essere un mezzo per fare proselitismo sarà il caso di trovare qualcosa di più accattivante!), la maggior parte di noi comincia a smontare  banchetti. Non ne possiamo più, ci è venuto il mal di testa. E la gente non si ferma neanche più a comprare, gira alla larga.

Me ne sono andata con un grande senso di fastidio, e anche di vergogna.
Avevo sperimentato la condivisione e il dialogo con questi due signori gentilissimi, avevo osservato il loro modo discreto di pregare e di vivere le loro tradizioni e convinzioni, e poi arrivano questi ferventi neocatecumenali, che devono sbandierare a tutti la loro fede, invadere gli spazi e rumoreggiare sguaiatamente di conversioni e peccato, sbatterci in faccia i loro bambini-soldato della fede. Questo secondo me è stato indecoroso, questo è stato volgare.
I due marocchini non hanno detto una parola fuori posto, neanche uno sguardo di fastidio nei loro confronti. Piuttosto una sorta di rassegnazione.
Ci siamo salutati stringendoci la mano, ma piuttosto sommessamente, le voci sopraffate dai canti microfonati.

Il ristorante, che a quell'ora apre per la cena, ha la vetrina coperta dal grande manifesto di Gesù. La padrona non fa neanche un accenno di protesta. Tutto va bene: quei canti sguaiati sono in italiano, quella piccola folla è dei nostri, tutti rispettabili e irreprensibili cittadini del paesello, famiglie per bene. Non venditori ambulanti, non spacciatori di cianfrusaglie che tanto rovinano il decoro della città. Non -non sia mai- stranieri islamici!

Ecco, io a tutti quelli che continuano a blaterare di islamici che ci sbattono in faccia la loro religione e la loro cultura, che si devono adeguare, che sono chiusi, che non vogliono integrarsi...gli avrei fatto passare una giornata come quella di ieri.

P.S. Mi chiedo infine se anche i "missionari in piazza" abbiano dovuto pagare la tassa per l'occupazione di suolo pubblico che invece è stata richiesta a tutti noi espositori.

mercoledì 6 aprile 2016

Rido e piango insieme

Ore 12,40 di un mercoledì di aprile. Squilla il telefono e vedo che il numero del chiamante inizia con +45: Danimarca. Faccio la figa e non mi faccio cogliere impreparata, rispondendo con un: "Hello, Margherita is here!"
"Buonciorno, io chiamo perchè so che avete delle domande per noi sulla scuola di Esbjerg".

Mi cade la mascella.

Il Comune di Esbjerg, come tante altre città danesi, ha un ufficio dedicato ai newcomers, per aiutare i nuovi arrivati a stabilirsi confortevolmente nella città. Durante i recruitment days fatti a gennaio a Esbjerg, la Regione Syddenmark e Workindenmark (le Agenzie che, di fatto, mi hanno offerto il lavoro) mi hanno fatto conoscere la responsabile del Newcomer's Service, con la quale siamo in contatto per tutto ciò che riguarda documenti, housing e scuole. Lei stessa, dopo averci chiesto le nostre preferenze riguardo la zona dove abitare, ci ha consigliato la scuola e il quartiere più adatto a noi. Ha contattato la scuola, inviando la richiesta per l'iscrizione nella receiving class (dove i bambini che non parlano danese sono inseriti per il primo anno, per facilitare loro l'apprendimento della lingua).
E oggi la scuola ci ha chiamati, per mettersi a nostra disposizione!

Fagiolina e Nanetto andranno in classe insieme, una classe di 12-15 bambini. Orario: 8-14.
"C'è da acquistare qualcosa, tipo libri, penne, quaderni?"
"No, forniamo tutto noi!"
[e mi viene da pensare alle 2 pagine di lista di materiale scolastico da comprare anche per l'asilo, qua in Italia]
"C'è da mettere un fondo cassa, tipo per gli acquisti della classe durante l'anno?"
"No, da qualche anno qua in Danimarca non è più legale dare soldi alla scuola pubblica."
[e mi viene da pensare che ci è toccato mettere un fondo cassa per fornire i bambini di acqua e carta igienica. Per non parlare del "contributo volontario"/obbligatorio che paghiamo ogni anno alla scuola elementare]

"I bambini devono portare il pranzo?"
"Sì, possono portare quello che vogliono. Faranno 2 pause durante la mattinata, perchè si sa, sono BAMBINI, e devono uscire tutti i giorni."

Occhi umidi.

"E devono avere un abbigliamento particolare? una divisa? o forse tutine impermeabili per stare fuori?"
"No no, nessuna divisa! Sì, una tuta impermeabile può essere una buona idea, perchè qua i bambini escono anche se piove...."

"Alla fine di giugno saremo ad Esbjerg per trovare la casa, sarà possibile venire a visitare la scuola?"
"Ma sì, certo, siete i benvenuti!!"

Lacrimuccia che mi si affaccia al ciglio.

"E...dobbiamo portare dei documenti, qualcosa per l'iscrizione?"
"Ma no, state tranquilli. I bambini hanno già il loro posto!"

"Io...io... ti ringrazio tantissimo, sei stata molto gentile! E... tu sei un'insegnante della scuola?"
"Ma sì!! IO SARO' L'INSEGNANTE dei tuoi bambini! Per me è stata una bellissima sorpresa sapere che ci saranno due bambini italiani nella classe!!"

E lì altro che occhi a cuoricino, io non sapevo più se ridere o se piangere.

NON SOLO la municipalità si è occupata di trovare la scuola adatta alle nostre esigenze, verificare che ci fosse posto nella receiving class e iscrivere i nostri bambini, MA la scuola si è procurata di CHIAMARCI per rispondere ai nostri dubbi, trovando un'insegnante che parlasse anche italiano (per essere sicuri di capirci bene), rendendosi disponibile per altri chiarimenti e per una visita guidata tutta per noi. 

Vabè, io non faccio altro che chiedermi dove sia l'inc..ata, perchè sembra TROPPISSIMO bello.

Boh, saranno per caso cattivissimi coi bambini??


venerdì 1 aprile 2016

Pillola rossa o pillola blu

Ancora una volta il parco giochi dopo la scuola si rivela una finestra aperta sulle dinamiche sociali dei nostri figli. Accompagni i bambini a giocare e sei spettatore di comportamenti che mai ti aspetteresti da un settenne.
Nello specifico: una compagna di classe che tratta tua figlia come una schiavetta. Le mette in mano il suo succo di frutta -finito- e le dice: "buttalo via". Non è la richiesta di un favore, ma un ordine. E poi se ne va a giocare più in là, lasciando tua figlia tra lo stupito e il sorpreso, a cercare un cestino.
GF, dopo aver assistito alla scena, si è avvicinato alla bimba e le ha chiesto il perchè di questo comportamento poco gentile. E la bambina a sostenere imperturbabile lo sguardo di un adulto, senza scusarsi, senza porsi un dubbio al mondo.

Non è la prima volta che assistiamo a queste scene. Una volta la bambina, giocando con una amichetta, si è messa a schizzare Fagiolina con l'acqua delle pozzanghere per non farla avvicinare. Un'altra volta, si è divertita a spaventare Fagiolino, incastrandogli quasi una mano nello sportello dell'auto. Tutto sotto lo sguardo impassibile della nonna, troppo presa dalla sigaretta o dal cagnolino, o dai pettegolezzi per ACCORGERSI che la nipote si comporta da bulletta. 

Ok, mi rendo conto che detta così non sembra tutta sta gran cosa. Ma è lo stile, la spregiudicatezza, e la innegabile voluntas nocendi che ci lascia sbalorditi.
Altro che innocenza infantile.

E Fagiolina, in tutto questo? Non si rende pienamente conto di essere trattata con disprezzo. Desidera giocare con la compagna di scuola, e non capisce come mai non riesce a farlo. Non sa leggere la situazione, prova disagio e non sa neanche perchè. Si difende come può, a volte fingendo indifferenza, a volte accettando i piccoli soprusi. 

GF oggi, tornando a casa, le ha spiegato cosa era successo:
"Fagiolina, non ti sembra che X. si sia comportata male? Secondo te era giusto che tu buttassi la sua spazzatura?"
Fagiolina comprende quello che aveva solo intuito, e ne rimane profondamente turbata. Ferita, forse. E per molti motivi: perchè la sua "amica" non si è comportata da amica. Perchè improvvisamente si accorge di essere stata presa in giro. Perchè sperimenta il senso di esclusione.
Ed è anche quasi arrabbiata con GF, che le ha disvelato questa realtà, mentre poteva lasciarla nell'illusione che X. le avesse "chiesto" un semplice favore.

Qual'è l'età giusta per accorgersi che esistono persone negative? Che cosa dobbiamo fare noi genitori: proteggere i nostri figli evitando loro lo scontro con la cattiveria il più a lungo possibile, oppure buttarli nella mischia affinchè si rendano presto conto di come a volte è amara la realtà?


No, perchè a volte io penso che la pillola blu non era così male. Si vivrebbe inconsapevoli, felici e stigrancazzi.