domenica 19 agosto 2012

Il medico, la tetta e il meteo.

Arrivato ai fatidici 4 mesi, a Fagiolino è toccato il primo distacco dalla onnipresente tetta. A questa veneranda età era proprio ora di crescere e di lasciar andare la mamma al lavoro!



Secondo tutte le linee guida internazionali l'allattamento dovrebbe essere esclusivo e a richiesta fino ai 6 mesi. La nostra legge INVECE prevede che il congedo per maternità duri fino ai 3 o 4 mesi del bambino.
O-Oh: qualcosa non quadra. 6 - 4 = 2.
Forse in quegli ultimi due mesi per il legislatore la locuzione "a richiesta" cambia di significato, e nessuno se ne è accorto. Magari vuol dire: "se mamma ha i permessi per l'allattamento". Oppure "se mamma riesce a togliersi il latte col tiralatte e una nonna paziente riesce a dartelo col biberon". O forse "beccati 'sto latte artificiale che a mammina il latte è andato via per l'ansia di staccarsi da te".
Io, guardia medica non titolare, sono equiparata a una libera professionista, perciò non godo dei diritti delle lavoratrici dipendenti. Ergo niente riposi giornalieri per l'allattamento ("1 o 2 ore giornaliere a seconda che l'orario sia inferiore o superiore a 6 ore di lavoro"). Però i doveri dei dipendenti ce li ho, quelli non me li faccio certo mancare! Perciò il mio orario di lavoro NON E' flessibile, NON me lo decido io, come qualsiasi libero professionista. Noi si riprende col nostro consueto turno di 12 ore (diurne o notturne) senza interruzioni, e zitte. Ah, sì, rimane l'opzione di non tornare al lavoro, ovviamente. Ma l'ENPAM (la cassa previdenziale dei medici) paga solo 5 mesi di maternità (così calcolato:  "80 % dei cinque dodicesimi del reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo IRPEF dichiarato nel secondo anno precedente a quello della data del parto"), 1 mese prima e 4 dopo il parto o 2 mesi prima e 3 dopo. Niente periodo di astensione facoltativo. Perciò, se te ne vuoi restare qualche mese in più a casa, per esempio fino ai fatidici sei mesi, padronissima. Però niente soldini.
Oh, e che pretendi? Vuoi allattare con comodo il tuo bambino e vuoi che ti ci paghiamo pure sopra??
Non penserai mica che quel cosino abbia diritto al tuo latte?
Ma và, và a lavurar, e coi soldi ti ci affitti il tiralatte/compri biberon/ tettarelle/latte artificiale!

Ed eccomi qua dopo la prima settimana di ritorno al lavoro.
Al terzo figlio dovevo averci fatto il callo. Già. Infatti per Fagiolina ho pianto una settimana, per Nanetto ho perso il latte prestissimo, per questo Fagiolino ho pianto solo un giorno.
Borsa termica, tiralatte, contenitori e biberon. Questo il mio armamentario ogni giorno.
Ma io questa storia l'ho già vissuta con Nanetto e LO SO che per me il tiralatte, per quanto usato correttamente e ogni 3 ore, NON E' EFFICACE come attaccare il mio bambino, e dopo un po' il mio latte diminuisce e non basta più. E allora stavolta, almeno durante i giorni di guardia medica, l'ho risolta con un escamotage, senza assentarmi dal lavoro, restando reperibile senza interruzioni, rimanendo sul territorio di mia competenza ed essendo pronta ad accorrere in meno di 10 minuti per ogni eventuale urgenza.
Diciamo che il numero delle visite domiciliari che effettuo è lievemente aumentato. Niente di grave, visto che sono solo 2 o 3 in più e si risolvono sempre in una mezz'oretta. Naturalmente ho sempre con me il cellulare di servizio, sul quale però in questi giorni nessuno mi ha mai cercata. Non ho mai trovato nessun paziente ad aspettarmi fuori della porta, al mio ritorno. Nessuna chiamata persa sul telefono dell'ambulatorio. Sembra proprio che nessun malato si sia privato di neanche 5 minuti dei miei servigi.

Ora, accusatemi pure di furbetteria italiana.
E allora si accettano suggerimenti alternativi. Ricapitolando: noi dottorine non titolari neo-mamme stiamo in una zona grigia della legislazione, con i doveri delle lavoratrici dipendenti, ma senza i diritti. Solo 5 mesi di congedo per maternità, pagato all'80%; niente astensione facoltativa, niente congedi parentali. Turni di 12 ore, niente astensione dai turni notturni nei primi 3 anni del bambino, niente astensione dai turni per malattia del bambino, niente riposi per allattamento. Niente flessibilità. Niente part-time.
La soluzione suggeritami dalla responsabile della mia zona territoriale e dal sindacato fu di NON TORNARE AL LAVORO. Starmene a casa (senza stipendio e senza indennità di maternità) fino a quando il bambino non fosse più autonomo.
Si commenta da sè, no?

E il meteo del titolo? Che c'entra?
Ecco l'andamento del flusso di "malati" nel corso di un turno-tipo. Fino alle 11,00 c'è la solita processione di vecchietti che non avevano voglia di far la fila dal proprio medico e vengono per le prescrizioni dei farmaci abituali (che la guardia medica NON dovrebbe prescrivere, a meno che non si tratti di farmaci salvavita, dal momento che il nostro sarebbe un servizio di urgenza...). Dalle 11,00 alle 18 circa si presentano sì e no 3 persone, in media. Poi, dopo le 18, qualcuno accorre per un urgentissimo mal di gola, o una pericolosissima puntura di medusa, o una spaventosissima febbricola. Il colorito dei pazienti che giungono a me fa sorgere un sospetto: non è che per caso se ne stanno bel belli al mare tutto il giorno e si accorgono di necessitare di una visita urgente solo al ritorno dalla spiaggia?
Ed ecco perchè la brava dottorina, prima di uscire di casa, alla mattina, guarda sempre il meteo: il numero di "malati" sarà inversamente proporzionale alle ore di bel tempo. Alla prima pioggerella, un sacco di moribondi cercheranno di scacciare l'uggia venendo a farsi due chiacchiere in ambulatorio.

Perciò, Fagiolino, occhio anche tu al meteo: se Caronte, Caligola, Lucifero o chi per loro ci grazieranno ancora, quest'estate la sfanghiamo ed evitiamo di regalare soldini alla Nestlè.

sabato 11 agosto 2012

Sliding doors

Chi non ricorda quel grandissimo tormentone degli anni '90 con Gwynet Paltrow? La bella biondina si trovava ad un certo punto di fronte ad un bivio della vita, rappresentato dalle porte scorrevoli della metropolitana, e il film mostrava poi quale piega avrebbe preso la sua storia se avesse scelta l'una o l'altra via.

Ieri è venuta a trovarci una mia amica e collega dei tempi della specializzazione. Non ci vedevamo da quasi due anni (ero incinta di Nanetto) e di cose da raccontare ce ne erano parecchie. In un paio d'ore di chiacchiere mi ha aggiornato su tutto il gossip dei miei ex colleghi, professori, tutor, insegnanti. Io forse di cose da raccontare ne avevo meno, ultimamente sono diventata un po' monotematica (figli, figli e... l'ho già detto? Figli!), per cui sono stata parecchio ad ascoltare.
Mi è sembrato di essere spettatrice della mia possibile vita.
Se quel giorno non avessi deciso di rifiutare la borsa di studio che mi era stata proposta, di tornare al natio paesello e di iniziare il Corso di Medicina Generale, forse oggi sarei al suo posto: l'anno successivo lei accettò l'offerta che io avevo rifiutato.
Da quel giorno sono passati sei anni.

Lei  ieri era bella e abbronzata, magra come l'avevo lasciata, in partenza per le vacanze. Lei e il marito postano splendide foto di viaggi esotici su facebook, lei si muove spesso in giro per l'Europa tra meeting e convegni. Ha tanti colleghi che la stimano per il suo lavoro, ha appena superato brillantemente il concorso per un posto di ruolo in ospedale, segue studi, pubblica articoli, tiene seminari (brava D., sono contenta che tu abbia superato la paura del pubblico!!). E' molto contenta di ciò che fa, e si vede.
Mi anche raccontato delle discussioni tra colleghi, delle angherie quotidiane che ha dovuto sopportare per raggiungere il suo attuale ruolo, di come gli specializzandi di oggi siano delle serpi che si mordono tra di loro (mentre noi eravamo un bellissimo gruppo), di come talvolta il proprio lavoro non venga apprezzato da colleghi invidiosi, di come la gerarchia sia ancora piuttosto rigida. Mi ha raccontato, sorprendendomi positivamente, di un concorso limpido e pulito. Mi ha ricordato tutte le bassezze e le piccolezze del mio vecchio professore, che non è cambiato di una virgola.

E io?
Io ieri ero spettinata, con le occhiaie e le patacche di pappa sui pantaloni. Ogni due parole mi interrompevo per sedare un litigio o consolare un pianto. In meglio e in peggio, la mia vita è cambiata enormemente, in questi sei anni. Lo ammetto, mi mancano molto i convegni, i seminari, l'aggiornamento continuo. I viaggi e -perchè no?- gli hotel a cinque stelle che adesso vedrei solo col binocolo. Mi manca la ricerca, sentirmi pioniera in un campo che nessuno ha ancora esplorato. Studiare, leggere riviste, scrivere articoli. Fare parte di un team, avere colleghi di grande esperienza da cui imparare quotidianamente.
Ma ieri ho anche sentito con grande forza che la scelta che ho fatto è stata giusta. Innanzitutto uscire dalla logica delle gerarchie, del clientelismo, del nepotismo. Non volevo più essere una ex-studentessa a vita, una tirocinante perenne. Non sono più stata trattata con sufficienza. Non ho più dovuto sopportare richieste assurde da parte di sedicenti capi. Non ho subito invidie e colpi bassi. Il medico di famiglia è spesso solo, nel bene e nel male. Nessuno gli ordina come e quando prendere le sue decisioni. Certo, questa "solitudine" a volte potrebbe tramutarsi in autoreferenzialità, questo è il rischio. Per adesso però mi va bene così. Da quando ho preso quella decisione, non mi sono più chiusa nel bagno del reparto a piangere, come facevo periodicamente allora. Nessuno mi ha più sbraitato ordini in corridoio o umiliato di fronte ai pazienti. Nessuno ha più messo in dubbio la mia professionalità. Ho avuto modo di costruire la mia famiglia, senza nessun superiore che mi intimasse di "non farmi mettere incinta" (sic!).

Una coincidenza fantastica: lei sta per firmare il suo primo contratto a tempo indeterminato, così come (probabilmente) me. Entrambe a 38 anni diventiamo grandi, finalmente.
Sono contenta che D. sia felice: ha intrapreso la strada che le è più congeniale, e comincia finalmente ad avere delle belle soddisfazioni.
Io ieri mi sono accorta che ho rinunciato a molto. Che forse potevo fare una brillante carriera: le premesse c'erano. Invece ho scelto ciò che desideravo. Per me nessun successo può essere gratificante se non si addice al mio modo di essere. Come ho scritto nel mio profilo: io sono Marghe. Mamma. Medico.

giovedì 9 agosto 2012

Ritorni

Siamo tornati, sani e salvi.
E' stata dura, sì. Ma lo sapevamo, eravamo psicologicamente pronti. Fisicamente un po' meno, visto che già partivamo con le energie a zero.
I bambini però, in particolare Fagiolina, si sono divertiti un sacco. Penso che le esperienze delle vacanze itineranti e del campeggio siano molto utili e formative per i nostri figli: imparano ad arrangiarsi, scorrazzano all'aria aperta, fanno nuove conoscenze, giocano con bambini di altre culture. Il piccolo Fagiolino è stato un angelo, tranquillo e sereno per quasi tutto il tempo, si è anche regalato due notti di sonno ininterrotto. Il Nanetto invece ha sofferto di più il cambiamento di ritmi e le troppe emozioni: ha avuto grosse difficoltà a dormire per due notti e noi ci siamo beccati ore (ORE!!) di pianti inconsolabili. Al mattino, vedendolo allegro e giocherellone come sempre, ci chiedevamo chi fosse quel mostro che di notte si aggirava per il nostro camper.

La Germania, o meglio, la Foresta Nera, è bella. Bella bella: grandi spazi, boschi ordinati, prati verdissimi, splendide fattorie. Piste ciclabili e percorsi pedonali ovunque. Piccoli parchi giochi, panchine e tavoli in ogni angolo. Cestini della spazzatura, bagni puliti, carta igienica e fasciatoi. Insomma, facile da vivere, come dovrebbe essere un paese civile. Certo, al ristorante ti fanno aspettare, anche se hai i bambini: i camerieri servono ai tavoli esattamente nello stesso ordine in cui hanno preso le comande (si dice così?). Se un tizio ordina un brontosauro arrosto e tu solo uno stuzzicadenti, ti serviranno sempre e comunque DOPO il signore del brontosauro. E non è d'uso portare il pane e l'acqua mentre aspetti di ordinare. Però le porzioni sono abbondanti e i prezzi onesti. Con 45 euro abbiamo stra-mangiato tutti e 4 (il piccolo ciuccia ancora beatamente la tetta), mentre in Italia, per lo stesso menù, avremmo pagato 45 euro a testa.
Per ricordarci che l'Italia invece è difficile, specialmente per le famiglie, non c'è voluto molto: poco dopo il Brennero ci hanno accolti ore di fila in autostrada sotto il sole cocente, autogrill sporchi e affollati di gente maleducata e pretenziosa, bagni osceni. Però pieni di fighettume come i rubinetti e gli sciacquoni automatici - che però non funzionano mai. Il superfluo sì, l'indispensabile (tipo la carta igienica) no. Per mangiare due pezzi di pizza Margherita, due panini al prosciutto, una focaccetta al cotto e due bottigliette d'acqua ho speso 33 euro. TRENTATRE' EUROOO!!
Così va l'Italia. Che poi, io mi chiedo, come mai da noi che siamo sull'orlo del default cenare fuori costa un fottio, e da loro, che sono i ricchi d'Europa, i prezzi sono più che abbordabili? Vai a vedere che c'aveva ragione B. a dire che i ristoranti sono tutti pieni e quindi la crisi è un'invenzione comunista.

Altro ritorno in vista: sabato riprenderò a lavorare.
Mi viene l'angoscia solo a dirlo, ma a settembre toccherà pagare gli asili e quindi bisogna ricominciare a guadagnare un po' di soldini. E allora vai col tiralatte. Perchè, non mi ricordo se l'ho già scritto, la mamma-dottorina (guardia medica) non ha i permessi per l'allattamento, e quindi, da quando riprende il lavoro, si spara le sue 10-12 ore di lavoro consecutive. Il Fagiolino per ora è ignaro di ciò che l'aspetta, e quando fa quei bei sorrisoni sdentati alla tetta adorata mi si stringe il cuore...