mercoledì 28 settembre 2016

Di come nacque la scrittura danese.

Anno 1023

Olaf Herjolfossøn il Vichingo è stanco dopo una lunga giornata di sgozzamenti e razzie. Se ne sta spaparanzato su una spiaggia siciliana e guarda il cielo. Ad un certo punto sente due italiani che parlano tra loro e pensa:
-Oibò! che strana lingua! che dolci suoni! Vorrei impararla anche io!-
Ma Olaf non ha molti amici in Sicilia, poichè nei mesi precedenti non si è fatto una buona fama, e al solo vederlo così pelorosso e alto, tutti quanti fuggono spaventati.

Allora Olaf decide di andarsene alla biblioteca comunale di Vigata e scopre una fantastica cosa: i libri!
-Oibò! - pensa il nostro amico Olaf - chedè questa bellezza? questi meravigliosi segni? E perchè noi vichinghi padroni del mondo non li conosciamo? -
Infatti la lingua di Olaf è solo PARLATA. Al massimo i druidi tracciano qualche runa sulle pietre cerimoniali, ma a scuola si insegna come costruire le navi e come bruciare le case altrui, ma di scrittura non c'è traccia.
-E che vogliamo essere noi da meno di questi latini e greci? Giammai! - si dice Olaf.

E allora si mette a tavolino e decide di inventare la lingua scandinava SCRITTA.

Quei cazzoni dei latini e greci si arrovellano con le declinazioni e le coniugazioni dei verbi.
-No no, lasciamo perdere 'sta rottura di palle, - pensa Herjolfossøn - che poi i bimbi a scuola mi trascurano il corso di impalamento per star dietro alla grammatica-

Olaf però non vuole essere da meno dei terroni mediterranei, e allora decide di strafare.
Raduna il clan e decidono, dopo essersi scolati 8573 corni di birra, di scrivere TANTE TANTE consonanti, anche se non si pronunciano.
Allora quella parola deliziosa, che lui ha sempre pronunciato “laili” decide di scriverla “lejlighed”, o quella che le sue mogli chiamano “soue-else” la scriverà “soveværelser”.
Sefuli! (= selvfølgelighed)
-I latini hanno la H e non la pronunciano, e noi vogliamo essere da meno? Noi non pronunceremo la G, la D, la V, la L, la R, la K solo se è doppia, la T se viene dopo la D, la H ma solo se viene prima di V, scriviamo ER ma diciamo A, eccetera eccetera eccetera.
Si pronuncia “al”, si scrive: alfbÒVKIJBdvòiæødtdtghsbrpal.

E che, vogliamo accontentarci di quelle 5 vocali sfigate??
No no. Noi ci scriviamo pure la ø, la æ e la å, e poi coglioniamo tutti dicendo che si pronunciano in modi completamente diversi dalle solite A, O e E. E se provano a dire il contrario, sgozziamo tutti!-

E poi Olaf ha un'idea GENIALE.
Decide che il suono dello smørrebrød che gli va di traverso si scriverà: D.
-E coloro che provano a pronunciarla “D”, gli stupriamo le mogli!- tuona il nostro Herjolfossøn.

Olaf ora è contento e soddisfatto.
I norvegesi hanno i fiordi.
Gli svedesi avranno l'Ikea.
I danesi avranno tante tante consonanti (mute).

E una patata sempre in gola.

domenica 18 settembre 2016

Io e le banche: una luuuunga storia

Chi mi conosce da tanto tempo sa che con le banche non vado granchè d'accordo. Basta l'evocazione di questa frase : "ma lei, conosce qualcuno?" per strappare un sorriso ai miei amici di lunga data.

Ho dovuto aprire un conto in una banca danese, indispensabile per l'accreditamento dello stipendio.
Ecco, ho scoperto che le banche sono uguali da tutte le parti.
Anzi no.
Anzi sì.

Capitolo 1: la scelta della giusta banca.

Vado a trovare il mio tutor per un saluto e esce fuori che devo aprire il conto in banca. Lui mi suggerisce una piccola banca a cui fa riferimento tutto lo studio e io decido di accettare il suo consiglio. Vado subito nel vicino ufficio della suddetta banca e ci accoglie un impiegato anzianotto MOLTO in difficoltà con l'inglese. Non fa caso al fatto che gli dica che sono un medico dell'ambulatorio vicino (come suggeritomi dal tutor) e ci invia al sito web per tutte le informazioni, dicendoci che ci vogliono 14 giorni per aprire un conto. Mhhh... Salutiamo e se n'annamo. Se non sembra interessato lui ad acquistare nuovi clienti, figuriamoci noi.
Svoltiamo verso la piazza principale e ci dirigiamo alla Danske Bank, la più grande del Paese.
Lì l'impiegata mi apre un conto in 10 minuti, senza battere ciglio. Per la carta di credito, niente da fare: ai nuovi arrivati non si concede, niente eccezioni, il contratto di lavoro che mi porto dietro non basta a garantire che sarò una cliente affidabile. Mi devo accontentare della carta di debito. E vabè, aspettiamola  a casa. Continuerò ad usare la mia VISA italiana (e pagare un botto di commissioni).

Capitolo 2: il direttore della banchetta.

Il giorno dopo ricevo una telefonata da un numero danese. E sai chi è? Il direttore della piccola banca suggeritami dal tutor. Motivo: scusarsi tantissimo per il trattamento che avevo ricevuto il giorno precedente. Il mio tutor l'aveva chiamato per dirgli che sarei andata, lui ha convocato il suo impiegato che parlava male inglese e quando ha scoperto che non avevamo aperto il conto mi ha chiamata personalmente. Quando gli ho detto che avevo risolto con un'altra banca era mortificato (spero che non sia volata una testa!), mi ha chiesto di incontrarci il giorno successivo per ridiscutere la situazione davanti ad un caffè, mi ha mandato un'ulteriore mail di scuse... Oddio, alla fine ero imbarazzata per lui. Mi faceva pena, e ancora di più il suo impiegato, che si sarà preso un rimprovero coi fiocchi. Ho anche mandato un sms di scuse al mio tutor, alla fine, che si era speso per me.
Ma ve lo immaginate un direttore di banca italiano che mi si comporta così? Boh, io no.
Comunque la frittata era fatta: il conto lo avevo già aperto da un'altra parte e stigrancazzi la banchetta.

Capitolo 3: le carte di debito/credito.

Dopo una settimana mi arriva il bancomat. Tutta contenta, provo ad usarlo alla caffetteria della scuola di danese. Niente. Ci vuole la fantomatica Dankort. A quel punto interviene la mia superenergica insegnante di danese e prende la situazione in mano. Mi chiede quali condizioni avevo strappato alla Danske Bank, come mai non mi avevano dato una VISA/Dankort, quali erano le spese previste. Alle mie risposte replica:
"no, nononono... non ci siamo!! Dammi il numero che adesso li chiamo IO!". E segue una bella strigliata telefonica al povero impiegato di turno.
Urca, da quando è cominciata 'sta storia sto falciando bancari come se non ci fosse un domani.

Capitolo 4: il meeting.

Dopo 10 minuti di telefonata M. torna con un nome e un orario su un biglietto. Due giorni dopo mi aveva fissato un appuntamento con una consulente della Danske Bank. Mi suggerisce quali condizioni strappare (conto completamente gratuito, carta VISA gratuita, trasferimenti all'estero gratuiti, ecc...). Spalanco gli occhi: come otterrò tutto ciò? "Tranquilla"-mi fa- "le ho detto che sei un medico, e qui abbiamo talmente bisogno di voi che ti stenderanno un tappeto rosso".
Capito. Adesso devo andare lì e fare la cazzona. Mi ci vedo proprio.
Due giorni dopo vado all'appuntamento: dietro l'ingresso tutto vetri della sede amministrativa mi sta già aspettando la tipa. Ci conduce in un piccolo ufficio tutto per noi: maxischermo, caffè, acqua. Dopo le due chiacchiere di rito cala gli assi.
Oh, ragazzi, mi hanno messo tra i clienti VIP! NON ho spese. Ho la VISA. Se deposito euro non pago niente. Posso ritirare euro dal bancomat senza ricarichi. Non ho dovuto neanche parlare, aveva già fatto tutto.
Mi rivolgo agli amici di lunga data: Io tra i clienti VIP! Ma mi ci vedete???
Mi saluta e mi informa che per ogni richiesta lei è sempre disponibile.

Nota in più: la mattina stessa vado a depositare degli euro allo sportello. L'impiegata mi fa pagare 40 corone (circa 5 euro) di commissione. Penso: aaahhh, vedi? stocazzo che non pago niente!
Dopo 3 ore ricevo una mail: la mia consulente ha già provveduto a rimborsarmi le 40 corone e si scusa perchè l'impiegata me le ha fatte pagare (probabilmente non le era ancora stata notificata la modifica del mio profilo-cliente).

Oddio... avranno cazziato pure quest'ultima?

sabato 17 settembre 2016

Primo mese

Un mese fa giungevamo in Danimarca. Mi ripeterò, ma sono accadute talmente tante cose che sembra una vita fa. 
Io e GF abbiamo iniziato il corso di danese il 1 settembre. E' MOLTO impegnativo: 6 ore di corso al giorno e alla fine usciamo con feroci mal di testa. Inoltre, mi sembra di essere tornata al liceo, con GF che fa una domanda dietro l'altra all'insegnante, che fra un po' avrà il terrore di porre il fatidico "ci sono domande?" alla fine della lezione. Diciamo che GF non si lascia scappare l'occasione di mitragliarla. Comunque, tra una pausa caffè e l'altra (ma quanto caffè bevono questi qua??), le giornate procedono di gran carriera. A confronto degli anni universitari in cui letteralmente correvo tra le aule e l'ospedale mangiando (se andava bene) un panino per strada qua è tutto relax. E stare lontano dai pazienti per qualche mese è un toccasana per il mio burnout. Il mio dovere al momento è solo IMPARARE, la mia responsabilità è stare attenta, arrivare puntuale (puntuale per davvero eh, ritardare solo 3 minuti non è acceptable) e fare compiti...una passeggiata di salute a confronto degli ultimi, estenuanti, tempi al lavoro. E poi dormo tutte le notti a casa (anche se ancora sui materassi gonfiabili... pare che l'Ikea sia un tantino lenta a fare le consegne) e sono libera tutti i weekend!

La nostra insegnante è una macchina da guerra, al solo sentire il suo nome (la conosce tutto lo Julland, pare) tutti ci guardano un po' ammirati e un po' preoccupati: "aahhh, è M. che vi insegna!! allora ci credo che state faticando!". Il corso proposto dal Kommune (250 ore gratuite sono previste per tutti i Newcomers) a confronto del suo è un brodino leggero. La Regione ha fatto un grande investimento nel pagarmi questo corso (anzi... mi pagano per partecipare al corso), e la possibilità che anche GF partecipi (in quanto facente parte dello Spouse Program come coniuge di un medico) è un grande privilegio.
Ce ne siamo resi conti una settimana fa. GF è stato invitato ad un ciclo di incontri orientati alla ricerca del lavoro rivolti ai Newcomers del Kommune di Esbjerg. Per partecipare ha chiesto di poter essere assente un giorno al corso di danese: M. è stata scontenta, ma quella che ha l'obbligo di frequenza sono io, lui ha facoltà di scelta. Beh, per GF l'incontro con gli altri expat è stato interessante per l'argomento in sè, ma ancora di più per il confronto con altri immigrati, i quali pur stando qua da anni non parlano ancora danese. Molti di loro (ingegneri, informatici, ecc...) se la sono sempre cavata con l'inglese e l'hanno ritenuto sufficiente. La loro sensazione è che imparare una lingua difficile come il danese non sia indispensabile, visto che qua tutti parlano anche inglese. E forse non lo è, in effetti, in alcuni lavori. Ma a nostro avviso (e anche secondo tutti i job-adviser di qua) se non sai parlare non puoi nemmeno sperare un minimo di integrazione, di conoscere la cultura del Paese in cui vivi. Di capire -che so- cosa dicono durante la riunione scolastica dei genitori o ad uno spettacolo teatrale. O i tuoi figli quando cominceranno a parlare in danese tra loro. E se neanche ci provi forse agli occhi dei locali sei solo uno con la puzzetta sotto il naso che viene qua solo per soldi, senza alcun reale interesse a viverci per davvero. In fondo, non è lo stessa cosa che diciamo noi italiani degli immigrati di lungo corso in Italia? GF si è ritrovato a sapere, dopo solo due settimane di corso, più danese di persone che stanno qua da due anni. Insomma, siamo stanchini, facciamo i compiti dopo cena, non abbiamo tempo a volte manco di fare la spesa, ma già cominciamo a vedere i primi frutti: capiamo qualche frase alla radio, esprimiamo qualche concetto elementare. Certo, tornare a parlare come dei bambini di 2 anni non è piacevole, ma ci vuole un po' di autoironia.

Fagiolina e Nanetto sono entusiasti della scuola, non si riesce a cavare loro una parola di bocca su cosa effettivamente facciano ("ma leggete? scrivete? avete imparato delle parole nuove??"...niente, omertà assoluta), ma per ora ci accontentiamo di vederli sereni e allegri. Fagiolina, in particolare, continua a ripeterci quanto sia felice della scuola qua, ogni tanto si confonde e le sembra di essere ancora in vacanza! Rivedere la serenità nei suoi occhi è una gioia immensa.
Fagiolino invece queste ultime due settimane ha cominciato ad accusare il colpo. Grandi pianti e addii strazianti quando lo lasciamo alla mattina al kindergarten. C'è da ammettere che anche lo scorso anno ogni tanto piangeva all'asilo, i primi mesi. Ma qua la cosa ci fa sentire molto più in colpa, immaginandolo solo e incompreso in classe. Tuttavia quando lo riprendiamo sembra molto tranquillo, e le maestre e maestri ci confermano che è partecipe, allegro e anche rubacuori: pare che tutte le bimbe se lo contendano. Lo hanno definito "brillante". Lo ritroviamo zozzo lercio come un porcello, segno che si è divertito un bel po' a ruzzolare, arrampicarsi, scavare e pasticciare. Ha cominciato a cantare qualche canzoncina, ma a casa è reticente pure lui nel raccontare.
Ci hanno raccontato che piuttosto che imparare lui il danese, sta insegnando l'italiano a tutta la scuola.