martedì 29 novembre 2016

Danesi, colleghi, tutor

E' già un mese che non scrivo!
Non riuscirò mai a mettermi a pari.
Domani avremo il nostro primo modultest di danese. Gli insegnanti ci assicurano che si tratta di una formalità, però un test è sempre un test, no?

Come faccio a riassumere tutto quello che è successo ultimamente?
Farò un elenco. Perdonatemi la scarsa poesia.

1) Il danese. IL DANESE!!
Urca se è difficile impararlo. Imparare una nuova lingua a 42 anni è parecchio straniante. Ti ritrovi a esprimerti per ore e ore con: "Il gatto. Sta. Sul tetto" o roba del genere. Parli come un bambino di 3 anni, anzi, peggio. Quando andiamo a prendere Pietro al bornehaven (=l'asilo) a volte i mocciosi ci chiedono qualcosa e noi rimaniamo come ebeti a guardarli senza capire niente. Qualsiasi concetto anche minimamente articolato è una montagna ripidissima. Mettere correttamente in ordine le parole in una subordinata è un giro sull'ottovolante.
Cazzo, mi sento fighissima perchè finalmente PENSO in inglese, e non  basta. E' come essere soddisfattissima per aver perso 20 chili e poter rientrare  nella taglia 42, e... cazzo, la nuova 42 è la 38.

2) I miei colleghi di corso.
Ci sono altre 2 coppie di medici: una dalla Polonia, e una da Cuba (emigrati in Spagna da circa 12 anni). Ti senti fighissima perchè parli italiano, francese e inglese e capisci un po' di spagnolo. Dopo 5 minuti che li hai conosciuti ti senti una merda, perchè questi qua parlano tutti 5 lingue. Una bella dose di umiltà, ci vuole. L'affinità dei mediterranei non è una leggenda metropolitana, comunque, c'è poco da fare. I cubani/spagnoli per ora sono quelli con cui ci troviamo meglio. Hanno alle spalle storie che a raccontarle ci vorrebbe una vita a parte. I polacchi invece sono convinti che io e GF siamo dei mafiosi in trasferta e noi glielo lasciamo credere. In generale è comunque un'esperienza molto stimolante stare seduti alla stessa tavola con cubani, polacchi, svedesi, danesi, portoghesi, cileni, venezuelani, inglesi, rumeni. Un ragazzo rifugiato afgano, ex-chirurgo per MSF, dice poco e ha tutto un mondo già alle spalle.

3) Il GAP culturale.
C'è? Non c'è? Sì e no. 'Sti danesi sono gentili, hanno un'ironia dark interessante, sono rigidi come tronchi su certe cose, supertolleranti su altre. Guidano di merda e hanno auto da schifo, ma rispettano sempre i limiti. Bevono come le spugne alle feste, ma reggono l'alcool come io non ho mai visto. E prendono rigorosamente il taxi se hanno bevuto. Sono vicini a noi, sono europei, ma la loro storia è molto molto diversa dalla nostra. Hanno difficoltà anche solo a esprimere a parole il concetto di "avanti Cristo".
Un episodio mi ha particolarmente colpita.
Dopo 2 settimane dall'inizio del corso io e una collega abbiamo avuto un brutto raffreddore, un po' di febbre e tosse. Siamo andate lo stesso a lezione, che per noi al momento è come andare al lavoro, perchè siamo pagati per questo. Siamo stati cazziate pesantemente. Se si sta male SI DEVE stare a casa, è PROIBITO andare al lavoro, perchè si rischia di trasmettere malattie ai colleghi. Figurati, e io che pensavo di fare il mio dovere. Figurati, e io che in Italia sono andata a lavorare anche con la febbre a 39 sennò i capi mi richiamavano. Qua anche se tuo figlio sta male, telefoni al capo e stai a casetta tua. Niente certificati, giustificazioni, richieste in carta bollata. "Qua il rapporto di lavoro è basato sulla fiducia", ci hanno risposto. E mi viene da pensare alle polemiche annuali sulle assenze sospette dei vigili romani sotto le feste di capodanno, ai certificati falsi di malattia e tutto il baraccone.

4) Il mio tutor e colleghi.
Venerdì inizierò, un giorno alla settimana, ad andare nella mia practice. Il mio tutor intanto si premura di farmi sentire a mio agio ancora prima di cominciare. Un invito a casa sua con tutta la famiglia per un caffè in giardino, una visita ai cavalli insieme ai bimbi, due chiacchiere rilassate. Qualche telefonata per chiedermi come stanno i bimbi, se la scuola è partita bene, se abbiamo bisogno di qualcosa. Quasi un mese fa annuncio una visita alla practice per un saluto, e mi invita a pranzo fuori (pranzo di pesce), insieme ad un collega. 4 ore di chiacchiere, di spiegazioni, di cultura e storia danese, di curiosità. Una settimana dopo sono stata invitata allo Julefrokost (=il pranzo di Natale. Sì, un mese prima...lo so. Julefrokost è un'istituzione, l'occasione più importante dell'anno per qualsiasi azienda/ufficio, il momento più alto di convivialità del gruppo-lavoro). Un rito di passaggio. Un onore. Sono stata pomeriggio e serata con 16 sconosciuti, che parlavano tutti danese. Millemila brindisi e scherzetti e giochini. Tutti che mi hanno salutato, accolto, dato il benvenuto. E il mio tutor seduto vicino a me che mi raccontava, spiegava, indicava, traduceva. Se penso al mio professore di malattie infettive che in 4 anni di specialità non mi ha mai neanche pagato un caffè, con cui non ho mai scambiato neanche un'opinione personale*. Boh. Ragazzi. Io non ho parole. Spero di essere all'altezza di tale accoglienza, veramente.

*Per dare a Cesare quel che è di Cesare, comunque, il mio tutor (NB.: NON il professore, eh) a malattie infettive, A.G., è stato invece un meraviglioso e disponibile collega. Con lui sì, che abbiamo fatto mille belle chiacchierate.