sabato 24 settembre 2011

Lavoro e famiglia; lavoro o famiglia?

In questi giorni ho ricevuto una proposta per una sostituzione ad un medico di famiglia della mia città. In quasi dieci anni dalla laurea è praticamente la prima volta che mi capita: ho sempre fatto sostituzioni in città vicine. Nella mia città i medici di base lavorano quasi tutti in associazione: ciò significa che quando sono assenti si sostituiscono l'uno con l'altro e non hanno necessità di chiamare dei sostituti esterni.
Mi è stato chiesto di lavorare per due mesi, quattro mattine e quattro pomeriggi a settimana. Il medico in questione ha più di 1500 pazienti, è un massimalista. Ciò significa che la paga, con ogni probabilità, sarà molto buona, e si andrà a sommare allo stipendio di guardia medica (di cui ho già i turni pronti fino a gennaio).
Un grosso impegno, ma anche un'ottima occasione. Non solo per lo stipendio, ma soprattutto perchè finalmente posso lavorare e farmi conoscere nella mia città. Chè il passaparola, in questa faccenda delle sostituzioni, è fondamentale. Infatti, anche in questo caso mica sono stata chiamata perchè sono la prima nella graduatoria dei medici sostituti di Continuità Assistenziale! Nooo, il suddetto medico mi ha contattata perchè una mia amica e collega gli ha fatto il mio nome!
Questa nuova proposta di lavoro mi sta mandando in crisi.
Ho passato un'estate molto faticosa, tra sostituzioni e guardie mediche; benchè non si tratti di lavorare in miniera, fare il turno di notte e correre in ambulatorio per tutta la mattina successiva e l'eventuale pomeriggio, diventa pesante. So cosa significa non avere un attimo di pausa.

Da quando ho concluso il corso di formazione in medicina generale le occasioni di lavoro sono aumentate vertiginosamente. Praticamente non sono stata mai ferma.
Per tanti anni la mia situazione lavorativa è stata talmente statica e deprimente che ora tendo a considerare ogni proposta come un'occasione irrinunciabile. A fare la schizzinosa mi sento in colpa, sia nei confronti di quella Marghe che un tempo si disperava per la mancanza di lavoro, sia nei confronti di tutti quelli che di questi tempi il lavoro non ce l'hanno o l'hanno perso.
Però, chissà se faccio bene?

Sento che la mia famiglia ne soffre. GF è in una periodo difficile dal punto di vista lavorativo. Non si sente certo di dirmi di rinunciare: i soldini che porto a casa, senza essere indispensabili, chè andare avanti si va avanti comunque (per fortuna), fanno però sicuramente comodo. Ma la mia assenza lo costringe in una situazione di stallo: fa il mammo quasi a tempo pieno (cosa che ama moltissimo fare, questo sia chiaro) e questo non gli lascia il tempo per studiare, per portare avanti i suoi interessi, per rimettersi in gioco nel mondo del lavoro. Lui (santo subito!) mi dice: "Stai tranquilla, io posso aspettare. Però stai attenta a non stancarti troppo". I bimbi sembrano sopportare bene, anche grazie alla cura costante di GF (e anche dei nonni), ma come posso sapere quali potrebbero essere le conseguenze a lungo termine delle mie assenze? I miei genitori cercano di aiutarmi il più possibile: spesso mangiamo da loro, spesso tengono Nanetto per qualche ora. Mia madre è la prima a dirmi di non rinunciare. Però anche loro la sera sono stanchi, li vedo.
Negli ultimi due anni, ogni volta che mi sono trovata di fronte a queste scelte mi sono detta: "Dai, facciamo uno sforzo. In fondo si tratta di poco tempo, solo qualche settimana". Solo che poi, concluso un impegno, se ne presentava subito un'altro, altrettanto allettante. Ed è stato così che mi sono ritrovata, ad esempio, a partecipare alle lezioni e ai tirocini del Corso 118 fino a 2 giorni prima di partorire Nanetto e ricominciare dopo una sola settimana dal cesareo. Salvo poi ammalarmi più e più volte, nei mesi successivi, perchè evidentemente il fisico mi stava dicendo "BASTA!".

Io che ho sempre pensato che i figli "chi se li fa, se li guarda anche".
Io che ho sempre pensato che non sarei mai stata una donna in carriera.
Io che ho sempre pensato che il lavoro deve piacere, certo, deve dare soddisfazioni, certo anche questo, ma sostanzialmente serve per portare a casa il necessario per vivere con dignità.

Mi trovo di fronte al solito dilemma. Quello che, prima o poi, tutte le donne vivono.
Che fare?

6 commenti:

  1. Eh, Marghe... Rinunciare proprio stavolta, a un'occasione del genere nella tua città, sarebbe forse un po' avventato, secondo me. Io accetterei, mettendo però in conto, sin da ora, che la prossima proposta che ti arriverà fuori città, qualsiasi sia la proposta, avrà un tuo NO come risposta. Un abbraccio solidale!

    RispondiElimina
  2. non far sti pensieri, e sai perché? fossi un uomo, ti creeresti queste paranoie? assolutamente no, penseresti che stai facendo una cosa giusta per te e per la famiglia! e allora come donna che ha un cervello e si é fatta il...scusa, che ha sudato molto per arrivare dove sei, ti dico vai avanti! hai un marito che ti aiuta, che é un buon padre, e non é approfittare, é l'uguaglianza della coppia,é finalmente un uomo che capisce e sá che c'è tempo per tutto e che non é solo la donna a dover sacrificarsi. i tuoi genitori sicuro saranno stanchi, ma scommetto che si sentirebbero peggio sapendo che tu, dopo tutti i sacrifici, molli. nel senso che sicuramente loro son piú soddisfatti vedendo che ottieni i premi al tuo sforzo. non é il tempo in sé, ma la qualitá del tempo che si da ai propri figli. non é star con loro 20 ore al giorno se peró non si seguono, é star con loro anche poco, ma dandogli tutta l'attenzione e l'amore. anch'io appena troveró lavoro mi sentiró male nel lasciarlo ad altre persone, peró non ho opzioni, non ho suo padre ad aiutarmi, e devo mantenerci. peró quando saremo insieme saró "sua" nel senso che lo seguiró in tutto. non crearti problemi, accetta i lavori, che presto vedrai come finalmente raggiungerai il tuo obbiettivo e tutto diventerá piú semplice ;)

    RispondiElimina
  3. Vai, non farti prendere dai sensi di colpa di noi mamme (io già quando vado in palestra mi sento colpevole, probabilmente anche perchè non ho un marito disponibile come il tuo, se deve stare 1 ora solo coi bimbi va in crisi!) dopotutto lo fai x te ma anche per creare un futuro migliore alla famiglia, quindi non devi rinunciare, auguri!!

    RispondiElimina
  4. Credo che non potrei aggiungere nulla allo splendido commento di SELENA. ;-)
    Vai, Marghe, vai, e goditi la persona che ti sei costruita, l'istruzione sudata!

    ps: il compromesso proposto da Marcuz non è male.

    RispondiElimina
  5. cara Marghe, effettivamente, non c'è molto da decidere, se non...pensa a te (in senso ampio, quindi alla tua famiglia), pensa a cosa è meglio, a cosa ti soddisfa, cercando di lasciare a casa i sensi di colpa...volevo invece riflettere sul fatto, detto in un altro post (da Selena mi sa), che "se fossi un uomo ecc. ecc.". Ecco, io non credo che oggi TUTTI gli uomini non si sarebbero posti il problema, alcuni (forse i più) certamente no, ma fortunatamente qualcosa è cambiato (sennò GF non starebbe a fare il mammo per esempio, anche se mi piacerebbe dire che fa il papà e basta...come diceva Foucault, con le parole si costruisce la realtà)...quello che mi preme è sottolineare come noi, donne moderne consapevoli ecc. siamo ancora schiacciate da quella sovrastruttura che, seppur razionalmente siamo capaci di mettere a tacere, poi ci sta talmente sotto le ossa da far sorgere sempre dubbi, sensi di colpa, inadeguatezze...e la risposta, o una delle tante, me l'ha data un libro. Anzi due. Uno è uno dei pilastri del femminismo: nel 1973 Elena Gianini Belotti pubblica DALLA PARTE DELLE BAMBINE, un classico sull'educazione di genere, su come da piccoli maschi e femmine vengano subdolamente (e spudoratamente) relegati a un ruolo, a un genere, a dei comportamenti. L'altro, del 2007,di Loredana Lupperini, ANCORA DALLA PARTE DELLE BAMBINE. Appena finito di leggere (ci ho messo mesi, mi angosciava troppo). LA Lupperini raccoglie il testimone della Belotti e riscrive in chiave contemporanea il peso dell'educazione (o meglio, la diseducazione e la disuguaglianza) culturale e sociale di genere, il peso della sovrastruttura, che oggi, più che mai, opprime noi donne e soprattutto le bambine. Grande spazio ai mass media ma non solo...ci sono aneddoti agghiaccianti, che io ho ritrovato nella mia vita di mamma (tipo le madri iene a scuola..). Non si scopre solo l'acqua calda, ma fa riflettere, su come i particolari più innocui abbiano così peso sullo sviluppo dei bambini e, purtroppo, soprattutto sulle bambine. Ecco, vi consiglio di leggerlo. Perché nessuna Fagiolina in futuro debba fare più una scelta LAVORO o FAMIGLIA o anche solo porsi il problema....

    RispondiElimina
  6. @Marina: grazie per il tuo lungo commento. I libri che hai citato sono nella mia wish list da tempo, e ho già avuto occasione di leggerne critiche e alcuni stralci. In effetti, dal momento in cui è nata Fagiolina ho iniziato un percorso di revisione della mia educazione, dei miei modelli, dei ricordi e delle immagini della mia infanzia. Insomma, di quello che mi ha portato, nel bene e nel male, ad essere come sono. E non ho dubbi che molti miei comportamenti abbiano un'origine molto antica. Fagiolina ha la fortuna di non avere la tv in casa, e penso sia già un buon inizio: da noi di principesse e fatine non se ne vedono. L'unica Barbie che abbiamo (regalo della nonna) è il gioco preferito di Nanetto. Fagiolina indossa continuamente i vestitini dismessi dal cuginetto. Le favole che gli racconto sono così: http://mammaebabbo.blogspot.com/2011/06/favole.html
    E poi, Fagiolina ha una grande fortuna: un fratellino, e due genitori che desiderano trasmettere ad entrambi gli stessi valori.
    Solo che a me dispiace che Nanetto abbia cominciato a dire "babba" a GF, ma non ancora "mamma" (o "mammo"?!) a me.
    Corro ad ordinare i libri. Un abbraccio!
    E poi... occhio al prossimi post (che spiegherà meglio il mio stato d'animo).

    RispondiElimina