lunedì 11 maggio 2015

Asimov e l'immigrazione

Il tema dell'immigrazione mi preme molto. Sarà perchè l'ho toccato da vicino, anche se brevemente. Sarà perchè anche io voglio emigrare e sarò io "la straniera", si spera, un giorno.
L'altro giorno, riflettendo su questi argomenti, ho avuto un'ispirazione, la cui elaborazione mi ha dato spunti per chiarirmi e chiarire meglio come la penso.
Sto rileggendo "Cronache della Galassia" di Asimov. Se non l'avete letto, difficilmente si riesce a capire il mio paragone, lo so. Ci proverò lo stesso. E comunque leggetelo, è bello!

"Trantor, capitale dell'Impero Galattico, una metropoli che copre un intero pianeta. Gaal Dornik, matematico, giunge sul pianeta per incontrarvi Hari Seldon, il primo ed il più grandepsicostoriografo vivente. Utilizzando complesse funzioni matematiche, Seldon è giunto alla conclusione che l'Impero sta decadendo e che in pochi secoli arriverà un periodo di barbarie, stimato in trentamila anni. Nel tentativo di ridurre questo tempo ad appena mille, Seldon, che è stato nel frattempo arrestato e sottoposto a processo insieme al suo collega Dornik, propone alla corte giudicante, nella quale è presente l'Imperatore in persona, di istituire una comunità di scienziati per la creazione di un'Enciclopedia galattica. Successivamente il sovrano riceve in via ufficiosa Seldon e Dornik proponendo, in alternativa all'esecuzione capitale, che lo scienziato ed i colleghi operino in un pianeta periferico chiamato Terminus (letteralmente, dal latino, "confine", "termine"; dall'Inglese, "capolinea")"

Quando Seldon prevede che l'Impero è giunto alla fine, l'opinione pubblica del mondo "civile", l'Impero, si ribella, accusandolo di sovversività. Seldon viene processato perchè con le sue congetture minaccia la stabilità del Governo. Ma per la psicostoriografia la fine di quel mondo è già una realtà, un processo che è già iniziato secoli prima, è assolutamente inevitabile e nulla può essere fatto per arrestarlo. Seldon propone una soluzione NON per impedire la fine, ma per stabilire una nuova pace, un nuovo equilibrio in modo più rapido di quanto non avverrebbe senza interventi. 

Io penso che la fine del nostro mondo, come lo conosciamo noi Europei e Occidentali, quella che noi chiamiamo civiltà, è al capolinea. Il nostro benessere, quelli che chiamiamo diritti, "democrazie", sono già finiti, solo che non lo sappiamo. Il processo che conduce inevitabilmente alla fine è iniziato secoli fa, quando abbiamo deciso di fondare le nostre libertà sulla privazione delle libertà altrui, di costruire le nostre ricchezze derubando qualcun'altro. L' ibris dei nostri antenati è stato il calcio che ha iniziato l'inarrestabile processo.
In questo momento milioni, miliardi di schiavi, derubati, sofferenti sono decisi a riprendersi i loro diritti e ristabilire un nuovo equilibrio. E lo faranno, inevitabilmente. Non c'è nulla, assolutamente nulla che possiamo fare per impedire questo processo. Il nuovo equilibrio prima o poi ci sarà, e i nostri pronipoti vivranno in una nuova civiltà, più equilibrata e giusta, senza più memoria di come eravamo noi, i loro nonni. 

Cosa possiamo fare? due sono le strade: cercare con tutte le nostre forze di impedire che lo tsunami di uomini donne e bambini che spinge ai nostri confini butti giù le nostre miserabili difese, chiudere porte, alzare barriere, costruire muri, sparare sulla folla e bombardare le navi. Lo tsunami resta, solo che diverrà più rabbioso, ostile, violento. Il risultato è che quando il confine verrà finalmente abbattuto (perchè verrà abbattuto, è sicuro senza ombra di dubbio), verremo schiacciati senza speranza, quello che conosciamo verrà spazzato via senza pietà. Le nostre culture verranno cancellate dalla rabbia di chi ha fame e ha visto il suo cibo rubato da noi.

L'altra strada è facilitare, accelerare la fine. Abbattere noi barriere e confini, prima che lo facciano i disperati al di là del muro. Sì, si prenderanno i nostri spazi, i nostri lavori, il nostro stile di vita. Ci saranno milioni di persone in più sul nostro territorio, avremo meno acqua per farci le nostre interminabili docce, smetteremo di buttare chili di cibo nelle pattumiere. Pagheremo una scatoletta di pomodori 10 euro, oppure impareremo a non mangiare i pomodori tutto l'anno. Non avremo più le banane che vengono dall'altra parte del mondo a 2 euro al kg. Non avremo più cellulari insanguinati e ripareremo i televisori, se li avremo, invece che buttarli al primo guasto. La benzina costerà 50 euro al litro. Impareremo l'arabo e il cinese, per poter trovare un lavoro presso i nostri nuovi datori di lavoro arabi o cinesi. 
Sì, staremo peggio, molto peggio di quanto stiamo ora. Ma sarà l'unico modo per sopravvivere per non essere travolti dalla marea di rabbia di chi è stato peggio per secoli. Sarà l'unico modo per ricostruire una nuova civiltà, più equa, senza passare attraverso la guerra totale, violenze indicibili e assoluto abbrutimento.

Qual'è il nostro Terminus? Su Terminus si scrive l'Enciclopedia Galattica, la summa delle memorie dell'Impero. Le uniche nostre speranze sono la memoria e anche il viaggio lontano dalla nostra zona di confort. E l'accettazione che la nostra civiltà è volta al termine, non ci sarà più, ma in qualche modo possiamo abbreviare il periodo di sofferenza e barbarie con l'accoglienza e la cultura.

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