venerdì 15 giugno 2012

Il saggio di fine anno (a.k.a. la vendetta delle maestre)

Celato nelle amene aule di ogni scuola esiste un luogo buio, non frequentato per la maggior parte dell'anno scolastico, lontano (anche semanticamente) dall'allegro tran-tran quotidiano.
E' un luogo di coercizione, di stress, di lacrime e sudore, di parole stentate e risate patetiche.
Viene chiamato spesso con nomi altisonanti, che tradiscono la sua natura coatta: salone, aula magna, teatrino, anfiteatro, etc.
All'interno di questa cornice, che tutti noi conosciamo bene (tanto è impressa nella nostra memoria di ex-scolari esposti all'ammirazione posticcia e preconfezionata del pubblico genitorial-nonnesco), hanno luogo periodicamente le cosiddette "recite" o "saggi".
Natale, carnevale, fine-anno-scolastico. Ogni occasione è buona per imbastire una dimostrazione delle attività svolte in classe.

Ma questa è solo la facciata.
In realtà ciò che viene messo in scena è la crudele vendetta delle maestre.

Sì, infiocchettata a festa.
Sì, condita di pizzette, e dolcetti, e regalini, e palloncini, e crodini.
Sì, mascherata dei sorrisi zannuti degli illustri sconosciuti (con cui dividiamo i brevi istanti di ingresso ed uscita dalla scuola).
Ma pur sempre una vendetta.

Proprio oggi ho avuto l'ennesima dimostrazione di questa ineludibile imboscata rituale.

Le vittime sacrificali del rito, i bimbi, hanno tutti, chi più chi meno, un sorriso di plastica, sotto il quale cova, malcelato, il pianto di chi non vuole, non capisce, ha paura, ed è già stanco morto.

I destinatari di questo sacrificio umano, gli dèi-genitori (ed, ove assenti, i semidèi-nonni), sono anch'essi provati dalla maratona che stanno subendo: prima si esibisce la classe dei ranocchi saltellanti, poi quella dei gattini ridondanti, poi i pulcini allucinati, e infine i delfini spiaggiati.
I genitori che han potuto lasciare gli altri figli a qualche compassionevole parente, sono arrivati 5 minuti in anticipo, hanno parcheggiato davanti all'ingresso e poi hanno occupato tutti i (pochi) posti a sedere con borse, chiavi, fotocamere, scialli, orologi, orecchini, lenti-a-contatto, otturazioni, unghie.
Gli altri genitori, che invece arrivano in ritardo, parcheggiano in tangenziale, arrivano già sudati e restano in piedi per ore coi figli minori (isterici) in braccio, riprendono la scena col mignolo, applaudono coi piedi, e si asciugano il sudore contro le tende della sala (ma solo quando non guarda nessuno).
Gli officianti a questo sabba, i sempre-presenti musici/acrobati/saltimbanchi/prestigiatori/palloncinàri, pagati a cottimo per l'occasione, con sorrisi da nuoto sincronizzato, riempono i vuoti scenici tra una classe e l'altra, contando i minuti che li separano dal congedo finale.

Le uniche facce sorridenti (o irridenti?) sono le maestre.
Consce della natura sacrificale delle attività che preparano da settimane, hanno abilmente nascosto ai bimbi ogni riferimento all'evento imminente (ndr: le stesse maestre ci hanno confidato, tempo fa, che la parola "saggio" è bandita dalle aule, per non creare ansia da prestazione. Invano, dico io, poichè la nostra Fagiolina ha perfettamente intuito che stava per arrivare una fregatura... e infatti non ci voleva andare).

Potrei continuare per pagine, ma sarebbe inutile.
Sapete già che è così.
Magari sono un po' cinico. Forse un po' sarcastico. Ma è così: nessuno vuole il saggio finale.
Ma allora PERCHE', dico io, PERCHE'???
L'unica spiegazione è che esso sia la (giusta) vendetta delle maestre.


PS: voglio anticipare quanti diranno "Vabbè, ma in fondo il saggio è solo un modo per far conoscere alle famiglie quello che si è fatto in classe e che, altrimenti, rimane ignoto, coperto dalla naturale reticenza che ogni bambino ha nel raccontare quel che ha fatto a scuola". Rispondo a questa critica dicendo che sarebbe molto meglio, se questa trasparenza fosse raggiunta tramite la partecipazione dei genitori (pochi alla volta), alle ordinarie attività scolastiche, piuttosto che con queste messe in scena artificiose (e lontane dal vissuto quotidiano dei nostri bimbi).

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